mercoledì 31 dicembre 2008

Voxdei



chi lo avrebbe mai detto?
Un anno addietro mi trovavo a scrivere le prime timide righe di questo blog, parola dopo parola, lettera dopo lettera...
Umori s'intrecciavano a pensieri in modo confuso, impacciato, macchiando pagine digitali con pixel che avevan la pretesa di evocare graffi d'inchiostro!Che stolto neoromantico cyberpunk!
Ed il mio cuore informatico continua a battere in sincrono con quello vero, al suono delle dita sulla tastiera, il respiro si confonde con il flusso leggero della ventola del mio portatile, i miei occhi riflettono le luminescenze dei cristalli liquidi...perdo me stesso, ritrovandone un altro.
Voxdei.

giovedì 11 dicembre 2008

La Notte Speciale

Un cielo cupo e nero ammantava la casetta in cima alla collina, solo uno spruzzo di stelle e la piccola falce della luna ne rischiaravano appena i contorni irregolari e cadenti.
In lontananza ululati lasciavano presagire stomaci vuoti in attesa della cena, mentre un piccolo sentiero serpeggiava tra rami spogli e deformi, sinistri come vecchi dalle dita adunche, protesi sulla strada quasi volessero afferrare gli sfortunati passanti.
Nessuno del luogo si azzardava lungo il sentiero che portava alla casetta, il profondo timore che le persone avevano della strada in cima alla collina riverberava nelle storie da osteria e negli avvertimenti che le mamme davano ai bambini capricciosi.
Nessuno sapeva spiegare la ragione di tanto timore, ma quei brividi che correvano come una goccia d'acqua gelida lungo la schiena non appena s'imboccava il sentiero erano una ragione più che sufficiente a restare lontani da quel luogo.
Di tanto in tanto ignari viaggiatori osavano addentrarsi lungo la stradina, ignorando e deridendo gli avvertimenti della gente del villaggio ai piedi della collina.
Per non esser visti mai più.
Accadeva con maggiore frequenza durante quelle che la gente chiamava, bisbigliando, “le Notti Speciali”.
Come questa.
Un'ombra saettava sollevando polvere dallo sterrato, veloce, quasi in una corsa contenuta a stento, con un ansimare pesante e forte.
La sagoma ammantata non pareva curarsi affatto del percorso, né della quasi totale oscurità che impediva di vedere a meno di una spanna dal proprio naso, né degli ululati, così come perdersi non sembrava una sua preoccupazione.
Neppure il tetro paesaggio pareva intimidirlo.
Procedeva svelto, scavalcando sassi e schiacciando rami secchi e foglie sotto i suoi piedi, quasi conoscesse ogni palmo di quella stradina impervia.
I rami sembravano ritirarsi al suo passaggio, quasi temessero d'irritarlo graffiandolo, e gli ululati famelici si trasformavano in guaiti flebili e terrorizzati all'approssimarsi di ogni passo, come se il suo fosse l'aspetto di un pasto indigesto, addiritura venefico e letale.
Un branco di lupi scappò terrorizzato all'ombra del viandante disegnato dalla luna, e subito un sorriso troppo nero e troppo oscuro gli si dipinse sul volto, soddisfatto e colmo d'orgoglio.
“TOC TOC” bisbigliò tra denti neri e gialli, poggiando delicato le nocche sull'uscio della casetta in cima alla collina.
“TOOOC TOOOC” urlò abbattendo il pugno contro la porta, facendola tremare e scricchiolare pericolosamente.
Un cigolio accompagnò l'aprirsi sommesso della porta, sprigionando l'oscurità contenuta al suo interno.
Il viandante avvertì due occhi neri e profondi squadrarlo con fare inquisitorio.
“Superbia?” squillò una vocetta stridula e fastidiosa come le unghie contro una lavagna “non credi di essere in ritardo?”
“Pensi che m'importi, Sorellina?I migliori devono farsi attendere” aggiunse con una smorfia, sbuffando in faccia alla ragazza cicciottella e brufolosa davanti a lui.
“Si, ok, ma il resto della famiglia è qui da un pezzo, aspettavamo te per tagliare l'arrosto!Io ho fame!” piagnucolò la ragazzina dagli occhi come l'abisso e dalle dimensioni di un armadio.
Superbia abbozzò un sorriso sghembo.Tra i suoi fratelli e sorelle, Gola era quella che preferiva: la sua ingordigia, il suo essere nefastamente ed orribilmente brutta non faceva altro che gonfiare il suo già spropositato ego.
Lei era, per lui, null'altro che la prova vivente della sua superiorità.
Si fece largo oltre l'ingombrante sorella, percorrendo a lunghi passi il corridoio tappezzato a fiori ingiallito e gonfio di muffa.
Poche candele illuminavano un salone da pranzo che sembrava uscito fuori dalle pagine di un romanzo ottocentesco, ragnatele e lenzuola impolverate ricoprivano masse informi che in un'altra vita avrebbero potuto esser mobili e suppellettili di fattura ricca e pregiata.
Tutto sembrava così tristemente decadente, quasi derelitto, abbandonato, come se il tempo avesse impietosamente abbattuto il suo sguardo solo in quel luogo, tralasciando il resto.
“Sono arrivato, miei cari” tuonò Superbia con voce catarrosa “Vi perdono per essere in anticipo, non preoccupatevi delle scuse”.
Le cinque figure al tavolo bofonchiarono qualcosa, qualcuno lasciò cadere con fragore le posate contro la porcellana intarsiata di crepe e scalfiture, altri continuarono a masticare rumorosamente i loro bocconi, qualcuno lo fissò con l'aria disgustata di chi ha appena mandato giù un bicchiere d'aceto.
“Accidia, solleva le tue natiche dalla mia sedia” disse Superbia, accompagnando le parole ad un gesto rapido della mano sinistra “Il posto di capotavola spetta al “Peccato della Notte Più Speciale”, lo hai dimenticato?”
“Scuuusa taaantooo” biascicò muovendo impercettibilmente le labbra, quasi le costasse uno sforzo immane.
La donna pallida e flaccida si scostò dalla sedia, lenta, lasciando i piatti e le posate già usate nel posto che avrebbe occupato Superbia. Non intendeva muovere un altro dito, e lo diede ben a vedere con ogni piccolo e lento movimento che dovette compiere fino alla sua sedia.
“Allora” esclamò Superbia sfregandosi le mani con vigore, sorridendo con la dentatura sghemba e putrescente “che avete preparato per Natale?”
I commensali fecero finta di non sentire, sebbene dentro, ognuno di loro, stesse in trepidazione, addirituttura bruciando e friggendo come una patatina fritta tanta era il desiderio di parlare e vantarsi delle proprie malefatte.
Era usanza di famiglia commemorare quello che loro chiamavano la “Notte Più Speciale” (dire la parola “Natale” provocava loro un leggero quanto fastidioso senso di nausea, capace di fargli passare l'appetito, ragion per la quale avevano scelto un'espressione che loro definivano “politicamente corretta”) con una grande cena a base di ogni leccornia e ghiottoneria, con tutta la famiglia riunita a raccontarsi le migliori malefatte organizzate per deviare e distorcere il senso del Natale. Il migliore, a giudizio insindacabile della giuria composta dai commensali, sarebbe stato eletto il “Peccato del Giorno Più Speciale” ed avrebbe seduto a capotavola.
Superbia era il detentore assoluto, non aveva perso il titolo nemmeno una volta.
Beh, quasi mai. Una volta Lussuria gli soffiò il posto con un colpo di mano, ma questa è un'altra storia.
“Su, timidoni” Sorrise malvagio Superbia, gli occhi carichi ed incandescenti del color del magma “chi comincia?”
Addentò un cosciotto d'agnello strappandone un pezzo molto più grande di quanto potesse masticare, fissando negli occhi i suoi fratelli e sorelle.
“TU, Avarizia” esclamò con ancora pezzi di carne tra i denti “ comincia tu!”
Il vecchio adunco all'altro capo del tavolo sorrise soddisfatto tra i suoi quattro denti, gli unici rimasti di una dentatura in origine decisamente meglio assortita, mentre gli occhi sottili e lattiginosi si posavano su quelli degli altri commensali.
Accompagnò un lembo del fazzoletto alla bocca, raccogliendo i residui di cibo attaccati alle labbra (era sua abitudine conservarli per mangiarli in un secondo momento), e prese fiato gonfiandosi la pancia come una vecchia cornamusa.
“Cari” esordì lesinando persino sulle parole, tanto era tirchio “delizierò le vostre orecchie con una splendido e meraviglioso atto di vigliaccheria”
“E sbrigati!” tuonò spazientito Ira, ma subito gli altri Peccati lo misero a tacere con un coro di “Shhh” ed un tripudio di mani agitate.
“Allora” riprese il vecchio canuto dai capelli in ordine sparso “Sono stato meraviglioso: il mio regalo all'umanità si chiama
: CRISI ECONOMICA. Ho messo in ginocchio intere famiglie per gli interessi di pochi potenti, i miei cuccioli prediletti, permettendo loro di accumulare sempre più capitali, impoverendo le masse. Ah, che delizia! Guardate un telegiornale, leggete un quotidiano: tutti parlano di quello che ho fatto! Posti di lavoro distrutti, genitori che non sanno come sfamare i figli, ricchi che diventano sempre più ricchi, e le mie amate avide vogliono sempre di più e di più! Sembra un sogno, vero?Persino aiutare il prossimo è diventato un lusso: adesso ognuno non riesce a far altro che pensare a sé, dimenticandosi del fratello, preoccupandosi solo del denaro! Che delizia! Che delizia!”
I commensali si scambiarono sguardi soddisfatti, felici di tanta devastazione sul genere umano, accompagnando la gioia con un brindisi.
Una donna sollevò la sua coppa con un gesto lento, lascivo, sistemandosi con la mano libera una ciocca corvina che ribelle le s'inanellava sulla fronte, quasi a voler richiamare su di sé l'attenzione.
“Decisamente un'ottima storia, Avarizia, ma si può fare di meglio” sussurrò suadente Lussuria “Come me, ad esempio”.
“Sentiamo, allora” sentenziò superbia, ingollando stizzito una sorsata di vino.
“Il mio Dono all'umanità è la Carne. Ogni suo vizio, ogni suo desiderio. L'ho liberato dai sensi di colpa dell'infedeltà, l'ho guidato nell'estasi del piacere sollevandolo da tutte le altre proccupazioni. Ho offerto lui un seno al quale nutrirsi. Il mio. Ogni cosa parla di me, ogni rivista, ogni programma televisivo è un inno alla mia persona, al piacere!Ho distrutto matrimoni, spinto nel sudiciume e nelle bassezze, corrotto la bellezza dell'amore, rendendo tutti miei schiavi...ah, miei fratelli...che capolavoro!”
Un timido applauso di consenso si sollevò dalla tavola, nessuno (tranne Superbia che ancora nonaveva digeristo la sconfitta di qualche tempo addietro) se la sentiva davvero di contraddirla.
Lussuria era decisamente un peccato senza tempo.
“Sorellina” disse superbia indicando con un cenno del capo la ragazzina obesa e brufolosa “vuoi deliziarci tu?”
“Si,si!” esultò Gola con la sua irritante vocetta stridula “ho fatto un regalo troppo bellissimo!ci ho messo tanto impegno ed infatti è venuto perfetto...è tanto articolato, sai?Si parte con l'ingordigia folle, il desiderio di sprecare e sprecare, tipo quello che stai facendo con il cosciotto d'agnello che ti sei messo in bocca tutto d'un pezzo, fratellone” disse indicando Superbia “per continuare con lo sfruttamento irrazionale delle risorse del pianeta, devastando l'ecosistema e le economie più deboli!pensa a quanti bambini sto affamando in Africa e quante pattumiere riempio in Europa! Sono stata braverrima, vero Fratellone?”
Superbia osservò il cosciotto che per metà usciva dalla sua bocca e non potè far altro che annuire.
La sua sorellina stava decisamente crescendo, erano lontani i tempi in cui era un peccato piccolo piccolo.
“Ehi, ma quando tocca a me?!?” sputò fuori dai denti l'uomo rasato con la faccia incarognita e gli occhi cattiviiiii “Mi avete rotto con le vostre stupidaggini!Non avete fatto nulla di così incredibile, ai vostri mali c'è rimedio! Io ho fatto il meglio!”
“Ma davvero?” lo sbeffeggiò Superbia con aria di sufficienza “Sentiamo...”
“Buffoni, io ho fatto il meglio” ringhiò come una belva famelica “io ho donato la violenza, ossa rotte e teste spaccate utilizzando tutti i “doni” che voi avete fatto all'umanità!Li ho usati come detonante per scatenare violenza ovunque, a partire dalle mura domestiche fino alle strade!Io ho ucciso e saccheggiato ogni speranza, ho corrotto gli uomini con l'intolleranza e fatto esplodere le guerre, con i motivi più futili! Ditemi, dilettanti, se non sono il migliore!”
“Non t'allargare, Ira!” lo interruppe Superbia “Questo lo deciderà l'assemblea. Dopo. Ed intanto cerca di non invadere la mia area di competenza. Vai avanti tu, Invidia”
“Io?Grazie, mi chiedevo quando vi sareste decisi. Tutti hanno avuto opportunità di parlare tranne me...”
“Invidia...taglia corto” la riprese spazientito Superbia
“Certo, certo, devo lasciare tempo agli altri, vero?C'è sempre qualcuno di migliore da ascoltare,no?”
“INVIDIA!” tuonarono i Peccati in coro.
“Va bene, va bene” replicò timidamente la donna fasciata da uno splendido abito da sera viola, secondo solo a quello di Lussuria “comincio”.
“Il mio dono all'umanità? La “sindrome dell'uomo qualcuno”!”
Tutti i presenti la guardarono con l'aria di avere un grosso punto interrogativo stampato sulla fronte.
Invidia abbozzò un sorriso.
“Non capite, vero?Come siete arretrati. Siete vecchi e non lo sapete. La sindrome dell'uomo qualcuno (o qualcunismo, per fare prima), è quella che sta dilagando ovunque!Avete presente gli idioti che si riprendono in situazioni improbabili mentre urlano “Italia unooooo”?Oppure i tizi che vanno al Grande Fratello?O tutti quelle che vogliono fare le veline? Dai, tutti quelli che credono che lo scopo della vita sia “essere conosciuti”, che non essere famosi equivalga a non esistere affatto!Suvvia, usate il cervellino voi che siete più intelligenti di me!”
Annuirono tutti sommessamente, sconcertati dalle parole di Invidia.
“Tutto questo perchè?vedono il mondo dorato della Tv, lo Star Sistem, i soldoni e le folle che sbavano urlando il loro nome. Lo vogliono, lo bramano. E sarebbero disposti a pagare qualsiasi prezzo. Anche indulgere in tutti i vostri peccati pur di ottenere l'oggetto della loro “Invidia”. Sembra proprio che quest'anno abbia vinto io.”
“Come al solito sconfini nel mio Peccato, Invidia” disse seccato Superbia “hai qualcosa da dire Accidia?”
La donna pallida e flaccida lo fissò per un istante, in silenzio.
“Naah, non ho voglia di partecipare. E poi la TV ed i cibi precotti parlano abbastanza in mia vece”
“Allora sembra essere il mio turno, miei adorati fratelli” disse Superbia, gustandosi ogni sillaba di ogni singola parola.
“Il mio dono?tutto ciò che già l'anno scorso ho portato: me stesso.”
I commensali si presero la testa tra le mani: da millenni, ormai, toccava loro sorbirsi le vanterie di Superbia .
“Ho fatto credere ad ogni uomo che la sua idea fosse quella giusta, senza farlo mettere in discussione, l'ho convinto d'esser supremo sopra gli altri uomini, d'essere infallibile. Gli ho dato l'arroganza, la cieca boria, l'indipendenza da ogni cosa se non dai suoi stessi vizi. Gli ho fatto costruire strumenti sempre più efficienti per schiacciare la volontà dei suoi simili, per opprimere ed uccidere con dolore e terrore chi gli si oppone, per dominare e controllare. Gli ho fatto credere di non aver bisogno di Dio e della salvezza, l'ho fatto diventare il dio di se stesso.
Ho guardato dentro l'uomo ed ho messo in lui un pezzo d'abisso, illudendolo che la luce di Dio non serva a nulla in un luogo tanto oscuro. Gli ho fatto credere che la PAROLA sia soltanto una favola, al più un buon insegnamento per menti deboli”
“Ormai l'uomo pecca e da solo si assolve, addirittura non ci riconosce neanche più, tanto ci ama...”
Prese fiato e sorseggiò un vino rosso come il sangue, soddisfatto.
“Come sempre, ho vinto io”.


“Nonno, nonno! Ma davvero ha ragione quel bruttone di Superbia?Io non lo sopporto!Dici che posso picchiarlo con la spada dei Power Ranger?”
Il nonno sorrise, accarezzando quel batuffolo di bambino che stava appollaiato con il broncio sulle sue gambe.
“No, non serve, piccolino. Superbia è già stato sconfitto, solo che fa finta di non saperlo. Non può mica ammettere davanti ai suoi fratelli che Gesù lo ha sconfitto per sempre sacrificandosi sulla Croce, sai?”
“Il Signor Gesù, quello che salutiamo al mattino e che ringraziamo per la la pasta che cucina la mamma?”
Il sorriso si distese ancora più largo sul viso incorniciato dalla barba bianca.
“Proprio Lui! Quello al quale parliamo dei nostri problemi, che ci ascolta e ci aiuta, il Signore che ci protegge e ci perdona ogni volta che facciamo una cosa cattiva (come dire le bugie, vero?). Pensa che ti vuole talmente bene che è venuto sulla Terra proprio perchè tu potessi conoscerlo, sai?”
“Davvero?”esclamò il bimbo, formando una grande “O” con la bocca.
“Ma certo, e Lui è con noi proprio adesso, qui, in questo momento. Ci ama così tanto da non separarsi mai da noi. Vuole conoscerti, piccolino, vuole che tu sappia il suo nome, Gesù, così come lui conosceva il tuo prima ancora che tu nascessi. Il Natale rappresenta il suo Compleanno,sai? Perchè non andiamo a cantargli “Tanti Auguri”?”

giovedì 20 novembre 2008

Come frammenti di vetro



Dita scivolano tra tasti e lettere, all'ombra sottile del monitor, miracolata superstite di una luce senza poesia.
Le parole sono vanità sulle labbra, giochi di specchi e fumo, lacrime malcelate e risa inneggianti follia ed abisso.
Ed il pensiero è rissa nella mente, contorto groviglio d'emozioni e umori e stagioni, età ed ere, tutto cristallizzato in nulla.
Solo rose, seta e spine.
Sono il vetro.
I suoi frammenti.

sabato 15 novembre 2008

L'amore di una Stella



"Ricordi quando ho detto che non sapevo niente sull'amore?Non era la verità...so molto sull'amore,vi ho visto! L'ho visto nascere per secoli e secoli.Era l'unica cosa che rendeva il tuo mondo sopportabile... Tutte quelle guerre,le falsità,il dolore,l'odio, ero tentata di posare lo sguardo altrove in eterno. Ma il vedere come l'umanità si arrende all'amore...si possono setacciare gli angoli più remoti dell'universo senza trovare una cosa altrettanto meravigliosa! Perciò si,certo,io so che l'amore è incondizionato,ma ho imparato che può essere imprevedibile,inaspettato,incontrollabile,insopprimibile e molto facile da confondere con l'avversione e...quello che cerco di dirti Tristan è che credo di amarti ,il mio cuore è come se ora il mio petto non lo potesse più contenere, è come se ormai non appartenesse più a me ma fosse tuo e se tu lo volessi in cambio io non ti chiederei niente,niente preziosi,niente doni o manifestazioni di grande devozione,niente,vorrei solo sapere che mi ami...è il tuo cuore in cambio del mio."

Le due del mattino, nessuna voglia di dormire.
Un lettore Dvd ed un cofanetto aperto appena a far capolino dall'altro capo della stanza, ammiccanti attentatori della mia apatica quiete notturna.
"E' tardi" dico all'io solitario che mi accompagna come un'ombra alla luce dell'abat-jour "E' ora di dormire, domani hai molto da fare".
Ma al mio Io non importa molto del parere dell'altro Io, quello apatico, e repentino afferra il disco come una iena sghignazzante, infilandolo nel lettore che inizia a mugugnare risentito dell'ora tarda.
Già, voleva riposare anche lui, vecchio arnese malandato, ma il Sogno trova sempre il modo di prendere il sopravvento.
Ed io, questa notte, ho sognato sulle parole di Yvaine, mi sono lasciato accarezzare da quel velluto e quella seta, immaginando e fantasticando, lasciandole riverberare nell'essenza più intima e vera del mio essere...
Ho sognato uno splendido sogno,portandolo con me al risveglio.
Alla faccia di apatici e vecchi arnesi malandati.

lunedì 10 novembre 2008

All the way for you



Tremo al solo pensiero di ciò che avremmo potuto essere.
E non saremo mai.

Parole distanti e lontane, l'eco di un mondo perso tra le pieghe di lenzuola accese di rosso e gemiti notturni...

Siamo questo, adesso, un negativo rimasto nel cassetto, in attesa di esser sviluppato.

Ho voglia di restare solo.

venerdì 7 novembre 2008

Solo una carezza



Ti ricordavo così, Sconosciuta.
Le tue labbra hanno ancora il sapore dolceamaro del ricordo, i tuoi occhi il colore dell'allucinazione ed i riflessi della follia, il tuo profumo è quello del tormento.
Sei il fuoco, la piaga e l'ustione.
Compagna d'infinito dolore.
Tu che non esisti.
Solitaria assenza, stolta immagine torbida ed annabbiata!
Sfiora la mia mente con un gesto appena, lasciva, abbandonata...
Mia Sconosciuta...

mercoledì 5 novembre 2008

Leggero



Leggero il vento e l'essenza del nulla...
Non sono altro, oggi...
E' un nulla che riempie, il mio, un vuoto abissale che tutto comprende e comprime, digerendolo, masticandolo, sputandolo tra denti e labbra spaccate...
E' l'assenza cosmica della non esistenza, il torpore di sensi ed emozioni, pace.
Nervi spezzati ridono rilassati, sinapsi rotte e neuroni inceneriti si specchiano in frammenti anneriti e fuligginosi, aborti di epoche lontane un respiro.
Il cuore batte e pulsa, orologio rotto e difettoso, scandendo i ritmi di un requiem lungo una vita...
Tutto è vanità.

martedì 14 ottobre 2008

Otherside




La fuga non è mai stata un'opzione da tenere in conto.
Ho voglia d'esser pioggia che scivola e vento che graffia...
Emozione.
E' il desiderio d'appartenere ed esser liberi, proiettile lanciato a folle velocità su circuiti fatti d'ossa e carne, febbre delirante...
Voglio esser il rivoletto di sangue impertinente, la macchia rossa all'angolo della bocca, lo spazio tra respiro e gemito...
E' vita a pugni in faccia, il calcio nello stomaco, il fegato spappolato, budella che s'intrecciano a farfalle ogni volta che lo sguardo taglia il ventre, fottuta lama crudele...
Delirio, delirio mistico, inneggia il fumo all'essenza, il margine, il confine dal contorno sfumato...
Dove sono?
Saluti dallo Stregatto...

martedì 7 ottobre 2008

Che rumore fa la felicità?




Ci volevano i Negrita a ricordarmi questa domanda...

giovedì 2 ottobre 2008

Gravity



Polvere di stelle lungo il cuscino, occhi che brillano al mattino per quella luce che filtra prepotente attraverso drappi colorati, grandi globi incandescenti ancora non disvelati.
Li vedo attraverso la mente, sollevato a pochi centimetri dal corpo, muoversi sotto lo sbattere di palpebre nere per un sonno che manca...
Sono miei, sono io.
Sorrido appena, il calore timido a scaldare quell'autunno che spinge i corpi a stringersi, stretti, i ricordi ad accarezzarmi il viso in un tiepido buongiorno...
Non sento più la gravità.
Ciao Nuovo Giorno, lo vuoi un caffè?

lunedì 22 settembre 2008

Non è tempo per noi...




Non è tempo per noi...
Malinconia di un nuovo autunno che fa capolino appena fuori dalla finestra, guardandoti con quella pelle bianchiccia ed i capelli spruzzati di quel giallo-arancio dannatamente smorto.
Triste, questo giorno, triste ed assurdo, immotivato e falsamente preoccupato.
Ho voglia di ridere un po'.

martedì 16 settembre 2008

Sei mia, fottuta ispirazione



Equilibrium.

Instabile oscillazione sinaptica, pensiero altalenante.
Energia pulsante.
Sei tornata, amore mio, Calliope!
Accarezzami ancora, dita lunghe e fragili, stenditi, lasciati prendere...
E sono mani e labbra, sospiri e sussurri, gemiti...
Calliope, Calliope...il tuo nome in gola e nell'essere!

Hai rotto il cazzo, Calliope.
Fuggi, scappi, giochi.
Seduci, sorridi, ammicchi.
Godi.
Cristo, se godi!
Ti lego, Calliope.
Ti amo, lo sai?

Adesso non scappi più, amore mio.
FOrse le corde stringeranno, magari la tua pelle comincerà a sanguinare, ma che vuoi che sia, splendida Musa?
Ho bisogno di te per scrivere, lo sai.
Hai voluto sussurrare nelle mio orecchie parole segrete, mi hai svelato "il numero" del tutto chiedendomi di non pronunciarlo...come pretendere tanto?
Ed io l'ho gridato, lo sai!
Adesso voglio la mia ricompensa, la mia follia!
Calliope, Calliope...non preoccuparti, non ti farò del male.
Lucien sorride, un galantuomo assassino tra Mariko e l'Arlecchino...
I nostri figli.
Ronzano accanto al nostro talamo, con occhi iniettati e ardenti sciamano deliranti, l'ombra di Voxdei sopra ogni cosa...

Amore mio, AMore mio...sono pronto per scrivere ancora.

mercoledì 3 settembre 2008

In attesa di tornare a far male



Appari e scompari, meravigliosa marea, bagnandomi l'anima quasi fossi null'altro che la costa con la quale giocare...
Sono i moti della Luna a dominarti, eccentrica orbita, voluttuosa e volubile aleggi su cieli scarlatti e mai cupi abbastanza...
Sei le vene che pulsano, il dolore alle tempie, la noia e la sua morte, il silenzio che manca e brucia...
Ed il cuore impazza, con pugni ed urla si dimena, violento ed ingrato:
lui è il solo a non ricordare.
Amore, amore!
Quanto sole sulla testa si alterna alla tua presenza!
Ed io scotto e brucio, quando il tuo volto altro non è che miraggio lontano e flebile...
E segni di letti sfatti si confondono tra cicatrici ed ustioni, sospesi tra strati di pelle ed anima...
In attesa di tornare a far male.

venerdì 29 agosto 2008

L'odore del sesso



La musica distrae, alterando percezioni e sensi, pensieri.
Cosa resta dell'attenzione, della concentrazione?
Focus e dogma.
Respiro, assonnato, riaprendo occhi sigillati, foderati e cuciti tra stoffa e carne, incollati e fusi con la fiamma.
Scompaiono immagini proiettate su palpebre, quasi fossero l'illusione di un cinematografo bastardo e vendicativo, lasciando filtrare luce che non ricordavo...
Nell'amor le parole non contano, conta la musica.

Ho appena spento la radio.

venerdì 22 agosto 2008

fottendo cervello e palle

Il tuo profumo non vuole saperne di andare via,
posso lavarlo, strofinarlo, scorticarlo insieme a pelle e carne,
tagliarlo rabbioso o bruciarlo al calor bianco...
Marchio, marchio! Fottuto marchio!
Sigilli petto e cuore, fottendo cervello e palle, strizzi l'anima quasi fosse un vecchio straccio troppo macchiato...
Si, macchiato!
Sono nero, sporco e bucato!
Perchè? Non lo so, mio bell'Interrogativo.
Domanda, domanda, ti afferro Domanda!
Ma per risponderti cosa?
Non lo so!
Eccomi, oggi sono io l'esclamativo...
Ruoli, ruoli, sempre ingabbiati in forme e gesti e suoni!
Parole, niente altro che parole tra dita poggiate su labbra, schermo leggero!
Come il fumo di questa sigaretta, il mio pensarti vola, disperdendosi nell'aria.
O diventando parte di esso.
Sono rumore, Splendore, di quelli flebili, quasi un rantolo.
Ascolta il mio crescendo, sentilo dentro te diventare boato, esplosione violenta, strazio!
Ho bisogno d'amore, dannazione!
Dove? Ho l'aria di saperlo?
Come? Altra meravigliosa domanda.
Lasciami ridere, ridere, ridere!
Amareggiato volteggio e sorrido, io e le nuvole siamo il tutto.
Nulla importa, nulla.
Stacca un pezzetto di me ancora, gustalo bene, assaporalo.
Che ne diresti di un sorsetto di sangue?Non è così invecchiato, ma ha un retrogusto eccitante...
Suvvia, sorridi mio Splendore.
Questo è solo un parto della mia immaginazione.
Non sono parole per Te o per Lei, ma chi è poi Lei?
Ed Io?
Ho bisogno d'amore.

"IO POSSO OGNI COSA IN COLUI CHE MI FORTIFICA"




La vita ha davvero un modo simpatico e personalissimo di girare nel modo che meno ci si aspetta.

Ieri girava splendidamente, oggi mi ha datto uno di quei cazzotti in pieno viso capaci di farti mordere la polvere.

Ma non importa, ci si rialza sorridendo.
Pronti ad una nuova sfida.
Perchè? semplice:

"IO POSSO OGNI COSA IN COLUI CHE MI FORTIFICA"
(Filippesei 4:13)

martedì 5 agosto 2008

Late Goodbye



Il vento accarezza i miei occhi chiusi, solo la musica ad allietare il silenzio notturno rotto dalle urla del motore.
Oggi sono io.
E continuo a guidare, nella notte, un così tardo addio...
Comprendo il senso reale, nascosto tra le pieghe di un destino mal scritto, criptico e troppo spesso bastardo, così asincronicamente beffardo.
Io ho ucciso segni e premonizioni, ma quello del Don Chisciotte non è un ruolo che mi si addice.
Lo capisco, adesso che il mio riflesso nel bicchiere di Martini mi ricorda chi sono.
Un assassino resta tale per sempre. Non può esserci redenzione.
Ed allora continuo a guidare nella notte, aggiungendo kilometri da te, allontanadomi l'ennesima volta.
Per non tornare più.
No, non volgerò lo sguardo indietro...sono stanco.
E tradito nel profondo.
Avrei dovuto ucciderti, per quanto hai fatto, per quanto hai detto.
Mi limito a gettarti alle spalle, Nadine.
Sorridendo.

martedì 29 luglio 2008

an angel instead



Mi siedo ed aspetto, attendo che un angelo osservi il mio destino...

Solo brividi, sensazioni, nostalgiche e lontane.
Il tocco di dita sulla pelle, carezze anelate, labbra morbide dischiuse in sussurri.
Per me soltanto.
Sogno, sogno e null'altro.
Ad occhi aperti cammino tra fantasmi, etereo e pesante al tempo stesso, affranto e frammentato, scheggia dispersa e solitaria incastonata in troppe pelli e troppe carni.
Rabbia e lacrime che brucian come sale su ferite che non riesco a vedere, ma che tagliano l'anima.
Se soltanto vedessi ciò che vedo, occhi aridi!
Nulla basta, nulla è ciò che conta davvero, dolce Inganno!
Sei luna e stelle, romanticamente lontana eppure sempre domini dall'alto...
Ma tu, bell'astro, che pensi?
Osservi e nulla dici, fai di me l'ennesimo pastore errante dell'Asia.
Non ti curi.
Non t'importa.
Ma tu sei bella, vero, pallido amore?
Sei specchio di quanto altrove esiste ed in altre ore splende, ma non t'importa...
E' di te che osservo, nottetempo, ignorando l'immensità del Sole.
Non mi scaldi, rapisci e basta, tanto t'appaga!
Nulla importa, nulla, nulla!
Ed io canto nella notte canzoni e compongo poesie, consumando di me passione ed intelletto, svuotando le mie forze, riversandole nel buio che resta dove il tuo sguardo non tocca...
Sono soltanto un uomo, null'altro che un viandante, sospeso tra crocicchi e segnali che più non so discernere...
Di me che vuoi, Luna?
L'anima forse, da rapire insieme allo sguardo?
No, non la strapperai...già troppi sono tagli e lacerazioni.
Io non ho più voglia di rammendare.
Lasciami riposare sull'erba, ascoltare i suoni della tenebra più vera di una notte d'estate...
Accarezzami, se vuoi...
Io aspetterò un angelo.

lunedì 28 luglio 2008

Il blocco dello scrittore

« Ed el mi disse: Volgiti! che fai?
Vedi là Farinata che s’è dritto
da la cintola in sú tutto ’l vedrai »

(Dante Alighieri - Divina Commedia, Inferno, Canto X, versi 31-33)


La vita dello scrittore non è semplice.
Tantomeno quando "scrittore" non si è davvero, ma soltanto "scrivente"...come me.
Ci si fregia spesso di titoli che non ci competono, appartengono, dimenticandosi che in questa società dell'apparenza l'inganno non è che destinato a durare pochi e fugaci istanti.
Scrivere è un'arte sottile, appresa con il sangue delle mani, degli occhi e dell'anima, una mattanza del proprio "Io" più vero ed assoluto.
Scrivere è annullarsi, oblio, una diga sfondata che lascia fluire un furor dilagante e prepotente, un fuoco che annichilisce lasciando spazio soltanto alla pura immaginazione.
Scrivere è una Guerra, un conflitto da affrontare con le armi in pugno e corazze ben oliate, organizzati.
Altrimenti non si porta a casa la pelle.
Questo rende diverso lo scrittore dallo scrivente.
Il mondo è pieno di "scriventi", i blog ne sono intasati, persone che credon di poter imbrigliare tra le mani le fiamme della creazione conoscendo a malapena l'utilizzo dell'indicativo, avendo letto appena un libro o due, con l'anima arida di chi racconta senza vedere.
Senza mostrare.
Sterile mondo.
Io sono uno scrivente, ben lontano dai grandi, un bimbo che muove i primi passi ed a malapena pronuncia "papà".
Una creatura che cerca di arrampicarsi sulle spalle dei giganti.
Ispirazione, dove sei?
Non voglio aggrapparmi a storielle senz'anima e nerbo, racconti di vita romantica degni della peggior Liala (che Dio l'abbia in gloria nonostante tutto: le parrucchiere hanno imparato a leggere con lei), non voglio diventare lo scriba di un paio di ragazzetti e dei loro neologismi ed acronimi.
Fottiti, Moccia.
Ispirazione, dove sei?
Ti cerco, ti bramo, ti inseguo tra le righe dei miei libri, ti osservo nei volti degli sconosciuti e degli amici, nei bar, negli uffici.
Torna, amore mio.
Torna.

Tra gli scrittori circola una frase che ho imparato a fare mia: "il blocco dello scrittore è il modo che il buon Dio ha per dirti di cambiare mestiere".
Cazzo, meno male che faccio il game designer.
Ma ho ancora tanto sangue da buttare e, come Farinata, mi ergo dalla cintola sopra questo Inferno.

giovedì 17 luglio 2008

Inta u' culu, cazzucazzu!





Non ho mai potuto sopportare quel paraculo di fazio, scusate la parolaccia.
Un essere così viscido da sfiorare il non essere, l'assenza di intelletto, castrato a pochi giorni dalla nascita, prono coi potenti.
Un furbo per scherzo.
Almeno Albanese, però...
Un genio.
Un comico di razza, arguto, con il senso della battuta ed un'intelligenza raffinata.
Una lingua tagliente.
Bravo, Cetto Laqualunque...hai vinto le elezioni, vero?
Cazzu cazzu.
Hai promesso "Chiù ppilu per tutti" e l'italiano, stupidamente, ti ha creduto.
Hai messo anche una delle tue puttane in parlamento, bloccato processi e distrutto quanto dell'Italia cercava ancora di funzionare.
Grazie per la Legge Alfano...davvero, te ne sono grato.
Finalmente potrò dormire tranquillo sapendo che la gente come te può continuare a saccheggiare il mio Paese, metterlo alla berlina in tutto il mondo, togliermi persino le mutande e rubare e mentire ed uccidere impunito.
Oggi c'era un uomo al Pronto Soccorso, livido e gonfio dopo un pestaggio della Polizia.
La sua colpa? Trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Fermato da una volante, esibiva i documenti a richiesta degli agenti, i quali, simpaticamente, ridevano dei suoi precedenti.
Per cosa?Furto. Già, questo uomo era un ladro.
Ma non di quelli che stanno sugli yatch, ma un ladro di galline, un poveraccio.
Uno di quelli che ruba al supermercato per prendere da mangiare alla figlia ed alla moglie, dato che la simpatica riforma del mercato del lavoro non gli fornisce uno straccio di niente con cui garantire loro una vita decorosa!
Un ladro affamato che si torva a venir denigrato da quattro imbecilli poveracci che, per scappare anche loro dalla fame nera, si sono arruolati in polizia!
Un uomo che, vedendo la propria dignità calpestata anche da chi dovrebbe saper discernere un delinquente vero da uno da quattro soldi,da chi dovrebbe sapere cosa significa non arrivare a fine mese, ha agito da uomo rispondendo a tono.
Un uomo che, già calpestato dal sistema, riceve manganellate al posto dell'aiuto.
VAFFANCULO!
Cazzo, non li picchiate mica i ladri del Lodo Mondadori, eh?Non picchiate mica Tanzi & Company, non vi azzardate a massacrare chi ha saccheggiato la Telecom e sta mettendo 15.000 famiglie sul lastrico dopo essersi fottuto dividendi per 250.000.000 di Euro! Non osate denigrare chi ha saccheggiato il vostro paese e vi sta mettendo in ginocchio, vero? Pavidi Bastardi. Non picchiate chi vi ha tolto il diritto di voto, come nello stato Fascista, non levate le armi contro chi vi sta togliendo la libertà, pecore?
Cazzo, svegliatevi!
Cosa vi hanno fatto...
C'erano 10 comandamenti, mio caro amico Cetto Laqualunque.
Li hai infranti tutti.
Io non potrò mai farti nulla, soltanto lottare con gli strumenti (quei pochi che non stai riuscendo a strapparci) istituzionali che restano...serve a ben poco, vero?
Non mi importa...
Sei vecchio, amico Cetto, e molto presto ti confronterai con Colui che ha il potere e l'autorità per giudicarti, un giudice che non può essere comprato.
Il tuo processo non potrà essere spezzato da alcuna legge dell'uomo.
Ed allora saremo in tanti a ridere.
Che almeno Dio possa perdonarti.

mercoledì 16 luglio 2008

Life is to short to be afraid



"Life is to short to be afraid"

Ed allora baciami, lascia scivolare quelle labbra sulla pelle, mordimi, lascia su di me i segni della tua bocca, marchiami una volta ancora!
Domani cambierò volto, non sarò più lo stesso, di me tutto scivolerà via, lavato a forza e strofinato fino a rivelar le ossa, ma oggi sono qui!
Esisto, vivo, sono!
E dita e mani, carezze, lingue che s'incontrano e sfiorano, capelli e fiato corto, seni tra mani, unghie conficcate a forza nella schiena...
Amore, odio, guerra e tormento, passione, snervante attesa.
Morte silenziosa, pensiero sibilante e strisciante, annidato e nascosto nell'anima.
La mia vita è un disastro, Splendore, un semplice casino di istanti accatastati e frammenti d'esistenza...
Il mio letto è sfatto, l'odore d'infinite solitudini accumulate negli anni, il mio viso un delirio autentico allo specchio, e poi , quando sono ubriaco, comincio anche io a ballare un po' come mio padre...


Life is too short to be afraid.

Cazzo, me ne ero dimenticato.

venerdì 11 luglio 2008

Sono ancora qui



Riuscì solo ad urlare, con tutto il fiato che aveva in gola, disperato.
Senza emettere un suono.
Il suo corpo sedeva disteso su di una poltrona a qualche decina di metri più in alto, in quello stesso appartamento dalla finestra infranta dall'impatto con la donna, a macchiare la moquette e la tappezzeria di sangue e materia cerebrale,l'espressione in viso di chi si è giocato il tutto per tutto alla roulette russa. Perdendo.
Aprì gli occhi di scatto, come al risveglio forzato da un incubo che morde l'anima, bombardato da immagini sfocate di passanti che fissavano ed indicavano.
Una donna piangeva, sporca di sangue sul viso e sui vestiti, scoordinatamente seduta sull'asfalto, quasi avesse abbandonato l'idea di sollevarsi da terra. Un'altra ancora urlava e si dimenava come impazzita, in evidente stato di shock, mentre uomini con indosso i simboli della croce rossa si facevano strada tra la folla accalcata e mormorante.
Lei giaceva sul marciapiede, le ossa spezzate come una marionetta nelle mani di un bambino, il cranio dilaniato da una profonda ferita, gli occhi spalancati e vacui...
Respirava ancora.
A fatica, flebile, ma respirava ancora quando il medico le aprì la gola con un gesto rapido del bisturi, per intubarla.
Era viva.
Al contrario di Lui, ma questo era esattamente ciò che voleva.
Quella puttana avrebbe pagato, pensava tra sè, assaporando nell'aria il terrore e l'odore della morte, respirando a pieni polmoni quelle emanzazioni negative propagate dalla folla accalcata attorno a quel corpo orribilmente ferito.
Pregustava il potere di quelle senzazioni riempire il suo spirito, inondandolo con colpi simili a pugnalate, così cariche di forza ed energia...
Immaginava gli anni di fottuto terrore che le avrebbe offerto in dono, restandole affianco giorno e notte, senza tregua, mostrandosi ai suoi occhi soltanto, accarezzandola nella notte con brividi gelati e sussurri evanescenti...
Che splendido pegno d'amore, un dono così grande da andare persino oltre la morte!
L'uomo si avvicinò a Lei, attraversando indisturbato la folla, etereo, fino a sedersi ai piedi della lettiga sulla quale, delicatamente, i paramedici stavano adagiando quel corpo spezzato.
"Amore mio, sono ancora qui" disse sogghignando, il viso aperto in un sorriso ustionato crudele e deforme "e non ti abbandonerò mai".

lunedì 7 luglio 2008

fottuto inganno dialettico

Il fumo è quello che resta dei miei pensieri, questa sera...
La mente annebbiata, interrotta soltanto da lievi scintille d'intelletto, cerca un colpevole capace d'esser al tempo stesso il suo medesimo boia.
No, del giudice non necessita.
Ha già provveduto alla sentenza.

Dove sei, ti chiedo.
Mi chiedo.
E non rispondo, assente pure da me stesso, fingendo ignoranza che non concepisco o comprendo o giustifico.
Neppure la rabbia riesce a sorpendermi, neppure lo sconforto o l'amarezza.
Non capisco davvero ciò che di me resta.
Sento il gelo.
Eppure brucio!
Lo sento, cazzo! Ardo in fiamme, sono l'incendio, il rogo, il sacrificio umano!
Sono immolato, ecco, un inquisito eretico per il troppo amore tra l'odio, ecco cosa sono!
Eretico!
Perchè amare, quando l'esistere è più semplice?
Già, non è proprio il tuo vangelo, quello che porto impresso sul corpo, miniato a scudisciate e colpi di spranga.
Colpisci più a fondo, ma cher...la mia pelle è cuoio.

Eppure ti cerco e confondo negli sguardi e tra le labbra!
Ovunque, Ossessione, ovunque.
Retorica dell'amore, fottuto inganno dialettico...

mercoledì 2 luglio 2008

Premio Brillante Blog






"Il Premio Brillante Weblog viene assegnato a siti e blog che si distinguono nella loro brillantezza, sia nei temi che nel design il suo scopo è di promuovere e gratificare più o meno tutti nella blogsfera mondiale."

Le regole sono queste:
1. Chi viene "nominato" deve scrivere un post sull'argomento, citando l'autore della nomina e indicando il link del suo blog.
2. Nominare a propria volta almeno 7 blog, indicandone nell'articolo i link e avvisando i lor gestori del premio.
3. Esibire, ma questo è facoltativo, il profilo-foto di chi ha nominato e di chi è stato nominato.


Che dire?
Grazie Juliet per la scelta del mio blog, per le parole usate nella motivazione, per il tuo passare da questo crocicchio.

Adesso è il mio turno, giusto? è così difficile scegliere tra i molti blogs interessanti, ragion per la quale assegnerò immediatamente soltanto 2 premi (quelli sui quali non ho alcun dubbio), mentre mi riserverò di nominare con il tempo restanti...

Offro questo "premio" ad Un Tocco di Zenzero, per la forza della sua penna, i pensieri taglienti ed affascinati, per l'estrema ed ermetica bellezza delle sue poesie, per immagini in prosa che colpiscono come un pugno nello stomaco.

Altrettanto meritevole è Zoe, dalle parole così cariche del sapore dolce ed amaro tipico degli anni più belli e freschi...un'altra ragazza con talento da vendere.

martedì 1 luglio 2008

Afrodille



Non credevo che il rumore del cuore potesse essere così assordante.
Batte arrogante, pulsando nelle tempie, attraverso quel foro che si fa strada tra lo schienale della poltrona ed il mio addome.
Dannata, sparare alle spalle...
Nulla di grave.
Sorrido appena, non sento dolore.
Grande invenzione l'adrenalina.
Merde, hai rovinato la mia Saint Laurent.
Afrodille, piccola bimba capricciosa, questa non te la perdono, sai?
Le mie dita scivolano sul tavolino in radica, cercando il portasigarette, incontrando solo il pizzo dei tuoi slip abbandonati nella notte, accanto a due coppe di champagne che ancora sanno delle nostre labbra.
Dove sono? Diamine, ho voglia di fumare.
No, piccina, non guardarmi con quegli occhi gonfi e lividi...respira, non sforzarti di dire qualcosa.
"Ti chiedi se ti risparmierò, ma belle?"
Sorrido, anche se il dolore inizia ad urlare nella mia testa.
"No, non lo farò"
Eccole, dannate bionde...
Porto una sigaretta alla bocca, accendendola, respirando una boccata così profonda da farmi girare la stanza attorno.
"Non sei stata poi così male, questa notte...è un peccato doverti uccidere. Pensa, avrei persino voluto invitarti ad una colazione sulla spiaggia"
Illumino il tuo viso, all'ennesima boccata, tra braci incandescenti della sigaretta ed il tuo corpo sul pavimento, davanti a me.
"Che brutta cera, ma petite"
Continui a guardarmi, con solo il tuo respiro a dar suono ai pensieri.
Click. Il proiettile entra nell'otturatore, il freddo della canna contro il tuo cuore.
Sei così giovane, ed è un brutto mestiere quello che hai scelto.
Il mio.
Ed io un pessimo affare.
"E' stato meraviglioso far l'amore con te".
Ma non mi dai scelta.
La stanza s'infrange di un lampo mescolato alle luci dell'alba, un sibilo sordo.
Un respiro spezzato.
"Sogni d'oro, ma petite. Sogni d'oro"
Il telefono, improvviso, rompe il silenzio del mattino, quel nome sul display...Nadine?

"Bonjuour, ma petite. Come sto, mi chiedi?"
Stringo i denti, il solito sorrisetto in viso.
"magnifiquement, Nadine, magnifiquement...ammiro l'alba".

lunedì 30 giugno 2008

L'allammiccu



L’allammicu

Chi è ca è l’allammicu vo’ sapiri?
Aspetta tanticchiedda ca t’u dicu.
Malincunia ti putissi diri:
ma no! ‘stu sintimentu è troppu nicu!

Aspetta, ascuta, sì…, fammi pinsari:
è comu quannu, senza cuntintizza
firriamu ‘ntunnu senza nni firmari
ca forsi nni piacissi ‘na carizza.

E n’affruntamu e nun l’addumannamu;
è comu quannu nni sintemu granni
e semu nichi nichi e unn‘u capemu
mentri ca si nni vannu tutti l’anni!

Ma tu ca ancora sì, sì tantu nicu,
putissitu na vita mai pruvari
chistu nsocch’è: chistu: l’allammicu
e sempri filicissimu campari!



Giuseppe Jannuzzo





Splendida terra, la mia...

Sole, cielo azzurro, mare, persone meravigliose.

Sicilia.

Come dimenticarti?
Sei scolpita con colpi robusti nella mia anima.


Assaggiate un pizzico della mia gente e della mia terra attraverso le parole di un grande Gianfranco Jannuzzo.

Scalderà il cuore.

domenica 22 giugno 2008

Torpore...



Ispirazione, dove sei?

Sommersa, boccheggi e cerchi spazio tra prototipi e regolamenti, illustrazioni e scadenze...
Ispirazione, dove sei?
Cazzo, intere pagine devono ancora esser scritte...e tu che fai?
Sparisci...

Grazie, ispirazione.
Messaggio ricevuto.

Scrivo meglio quando soffro.

venerdì 20 giugno 2008

Ahi, di nuovo con il culo a terra


Song lyrics | Drops Of Jupiter lyrics


Ancora una coppa, Splendore?
Su, non è poi così forte...
Avrei voglia di ballare, se solo le mie ginocchia non tremassero, due Giuda cartilaginei pronti a far perdere l'equilibrio...
Buffo, vero?
Sei meravigliosa quando sorridi.
E contagiosa.
Avrei dovuto bere un po' meno, hai ragione...ma che importa, in fondo?
No, non guiderò affatto, passeggeremo lungo il Po, in equilibrio precario forse, con solo i rumori della notte!
Lo voglio!
Ti offro il mio braccio, Splendore, sarò il tuo cavaliere.
Ammesso che riesca ad alzarmi.
Noo, non ridere! Non sei mica messa meglio, vorrò proprio ridere guardando tutto quell'alcool camminare su quei tacchi!
Dai, su...reggiti a me...non così, cadiamooo!
Mi farai morire! Signorina, sei una falsa magra! Almeno l'atterraggio è stato morbido?
Il mio stomaco ti ringrazia, bestiaccia.
Potrei mangiarti qui, adesso, se non la dovessi smettere immediatamente di ridere!
Dai, lo sai che impazzisco quando vedo quelle guance rosse, quelle fossette!
Smettila, o non riuscirò a controllarmi.
Sei in crisi, come ti fermo?
Ahhh, stupidina!La gente ci guarda come fossimo due idioti, su, rimettiamoci in piedi!
No, non fare il peso morto, sto in piedi per scommessa anche io!
Non tirare!
Ahi, di nuovo con il culo a terra.
E tu che ridi più di prima.
Sono indeciso: ti uccido o ti bacio?
Opterò per la seconda.
...sei così bella quando ridi!

martedì 17 giugno 2008

Sempre come il dito, s'intende



Finiremo così.
Questo cancro ci divora dentro, mangiandoci il cuore e le ossa.
Finiremo così, quando saremo stanchi.
Imbracceremo le armi, già l'esercito è in piazza.
Un colpo di Stato bianco, organizzato da burocrati e TV.
Anche la carta stampata s'incazza.
Adesso.
Dov'è stata finora?
Libertà di parola e diritto all'informazione.
Meravigliosi ricordi.
Venite qui, è pronto un gran bel bavaglio.
E non si fa neanche finta di camuffarlo da biscotto.
Ieri le parole non dette.
Oggi le minacce.
Ieri la chiamavano Repubblica Democratica, fondata sul lavoro e sulla famiglia.
Oggi la chiamano Repubblica Demagogica, fondata sul precariato e "Beautiful".
Io la chiamo Tirannide Democratica.
Niente memoria storica, mio caro Italiano Medio come il dito che ti stampo in viso.
Però hai una cultura da talk show incredibile, conosci a memoria tutte le canzoni di Gigi d'Alessio e non ti sei mai perso una puntata di Amici!
Si, lo so che tieni allenata la mente con i quiz televisivi, ampliando la cultura, ed impari i nomi di luoghi esotici leggendoli dalle location del calendario di turno.
E di politica vogliam parlare?Ma vaa, è una noia mortale.
Che ci pensino gli altri!
Già...che ci pensino gli altri.
Cazzo, siamo 40 milioni di adulti, ci sarà uno stronzo che scenda in piazza per difenderci?
Si, uno come il consigliere morto ammazzato ieri.
Che Dio lo abbia in gloria.
Siamo vittime di Salsicciai e Servi di Aristofanesca memoria.

Bravo, mio caro Italiano Medio.
Sempre come il dito, s'intende.

lunedì 16 giugno 2008

My Melancholy Blues



"Don't expect me, to behave perfectly
And wear that sunny smile
My guess is I'm in for a cloudy and overcast
Don't try and stop me
'Cos I'm heading for that stormy weather soon"

domenica 15 giugno 2008

La vita, il teatro e tutto il resto...



Un passo, immerso nell'ombra di un sipario che appena dischiude...
Il cuore suona in petto ritmi africani, il respiro si fa lungo come a cercar pace, le ginocchia lottano con i nervi per non tremare, quel groppo in gola non accenna a scendere.
Le voci si attenuano, solo un lieve brusio dalla platea.
Il silenzio.
Li osservi in volto uno ad uno, seduti in prima fila, nell'oscurità.
Alti, grasse, mogli, figli, mariti.
Umanità in provetta, sotto vetro.
Travestita da spettatore.
Ed Argan preme nella tua mente, sgomitando nella sua vestaglia, urlandoti "Ehy, ridammi il corpo!entro in scena io! Non mi servi!"
Abbozzi un sorriso, terrorizzato.
Silenzio attorno a te, avverti i loro respiri, l'impazienza che aleggia così fitta da poterla afferrare e stringere.
"Sbaglierai battuta, lo so" continua a ripeterti Argan "lasciami la scena!"
Fiat lux.
Solo un occhio di bue puntato in faccia, pallido cencio...non hai scelta.
Ti fissano, si aspettano qualcosa, non importa cosa.
Una risata, una lacrima, un dubbio.
Un'emozione.
I loro occhi.
Non li vedi.
Li senti addosso.
Non hai scelta, è l'ora di Argan.
Che vuoi che sia? Solo battute e tempi, giochi di parole, voce così impostata da non appartenerti più...
Ma che t'importa? E' il teatro!
Non sei uomo, persona, storia.
Sei Argan e mille altri.
Sei ogni cosa.
E niente.
Sei l'applauso.

Mi manchi, palcoscenico...

sabato 14 giugno 2008

...una cosetta o due...



"Finiscimi, puttana" sputò dalla bocca contratta insieme ad un fiotto di sangue troppo rosso e troppo nero per essere umano.
Mariko muoveva appena la lama nera della katana lungo la coscia dell'uomo, in una carezza morbida come un rasoio, strappando scintille dall'asfalto.
"Cosa cazzo pensi di fare?Paura?Puttana!Dai, affettami pure, fammi a pezzi!Ti strapperò il cuore lo stesso, troia!Vedrai, appena ficcherai il tuo naso in Re..AAARGHH!"
L'arma accarezzò il collo dell'uomo in un bacio gelido, con labbra di freddo acciao, spalancando la carne al suo passaggio.
Lo squarcio correva lungo la giugulare, schizzando la vita dell'uomo sul viso di Mariko e sui vestiti, sulla bocca.
L'odore intenso del sangue colpì i sensi della ragazza come un calcio in pieno stomaco.
Fame.
Si piegò sulle ginocchia, avvicinandosi all'orecchio dell'uomo, un sorriso crudele dipinto in viso.
"Cosa ne faccio di te, adesso?Siamo duri da ammazzare, vero?" sussurrò Mariko, leccando dalle mani dell'uomo gli zampilli cremisi sfuggiti.
"Posso squartarti a manio nude, magari smebrarti a piccoli morsi e mangiarti vivo...tanto non basta a farti crepare, vero?"
"Gwrall...troia...Humph!" dalla gola squarciarta uscirono soltanto gorgoglii e versi privi di senso.
Mariko passò un dito lungo la profonda ferita, intingendolo nel sangue, per poi poggiarlo delicato sulle sue stesse labbra.
Una sorta di macabro rossetto.
"Mmm" disse, leccandosi "devo prenderlo per un si?Non puoi morire, ma puoi soffrire, vero?Ho da insegnarti una cosetta o due a riguardo..."
Richiamò schemi e comandi all'interno della mente, obbligando il suo corpo a trascendere la stessa carne.
Gli occhi affilati si tinsero di viola mentre lo scan interno ricercava i chakra della creatura.
Il Mulhadara brillava di una luminescenza corallo all'interno dell'addome deforme, pulsando impazzito nel ripristinare le funzioni vitali compromesse dalle troppe mutilazioni.
"Eccoti, ti ho trovato" sogghignò Mariko "adesso giochiamo"
Affondò con un unico gesto le dita nell'inguine, strappando con violenza i genitali, brutale.
"Hai fame, tesorino?" disse con una vocetta imbronciata, conficcando spietata l'organo mutilato nella bocca sfondata della creatura.
"Non importa, almeno ti servirà a stare zitto. Non vorrai svegliare l'intera città, spero?"
Dalle dita di Mariko cominciò a propagarsi uno strano suono a bassa frequenza,mentre andava manifestandosi loro attorno un alone scuro e cupo, quasi una sorta di aura preclusa a qualsiasi forma di luce.
"Sai cosa è questo, vero?" domandò crudele la ragazza, leccando un fiotto di sangue appena schizzatole sulle labbra.
Gli occhi della creatura si dilatarono improvvisi, impauriti, isterici.
Tentò di urlare, ma le sue stesse membra premute nella sua bocca, soffocavano ogni fiato.
La carne cedette sotto la pressione della mano della ragazza, inondando l'aria del rumore delle cartilagini sfondate e dalle ossa spezzate, tra le urla soffocate dell'uomo.
L'alone scuro si mescolò al rosso corallo del chakra, inquinando, soffocando, assorbendo.
Stravolgendone la vera essenza, divorandone a pezzi l'anima.
Poteva avvertire il peso dello sguardo di Lilith alle sue spalle.
Era dietro di lei, lo sentiva.
E rideva compiaciuta.

giovedì 12 giugno 2008

Parole che bruciano in gola



Non avrei voluto trovarti.
Ti ho vista scendere da quel treno, nascosta appena nei tuoi occhiali da sole, così meravigliosa da tagliare il fiato.
Sapevo saresti arrivata, conosco ogni tua mossa.
In anticipo.
Non sai resistere alle tentazioni, ma belle, e questa era semplicemente troppo attraente per lasciarti indifferente.
Non cambierai mai.
E' bastato offrirti una tregua, l'idea di un "sospeso" tra noi...e non hai resistito.
Non baciavi le mie labbra da troppo tempo, le desideravi, le bramavi.
Volevi perderti ancora nei miei occhi, ritrovare te stessa smarrita nelle mie pupille, scolpita dentro l'anima.
Nadine, Nadine, mia vanitosa Nadine...
Ti ho attesa al binario, scorgendo il tuo viso attraverso il fumo della mia sigaretta, ammirandoti tagliare la folla.
Sei magnifica, ma petite.
Non una parola, non un gesto, un cenno di saluto.
Soltanto l'incontro di due sguardi.
Le tue braccia, il mio petto, i tuoi capelli...il tuo profumo.
Mi sei mancata.
Prendo la tua valigia con noncuranza, sollevandola appena, leggera, provando a scacciare il silenzio che sgomita invadente tra noi.
Senza riuscirci.
"Perchè, Lucien?" mi domandi senza voltarti, solo parole scivolate tra le labbra.
"Il perchè di cosa, ma chere?" mentre sfoggio quel sorrisetto che tanto conosci, lo stesso con il quale riuscii a strapparti l'anima.
Sospiri appena, scuotendo impercettibilmente la testa.
"Non ti sopporto, Lucien".
Non ti accorgi del mio movimento. Troppo rapido.
Le mie dita dietro il tuo collo morbido e fragile, contro la pelle della consistenza della pesca, il mio pollice sulla carotide...pronto a sfondarla.
Sono interdetto, ma chere, dimentichi sempre chi sono.
Chiudo gli occhi, riversando nei miei polmoni il tuo stesso respiro, il tuo profumo.
Lasciandoli entrare in me.
"Sei fragile, ma petite" sussuro lieve, carezzandoti le labbra con le mie.
No, non m'importa di sentire i tuoi "lasciami", pronunciati così sommessamente da non esser destianati ad altri se non me...
Non mi importa di quelle mani premute contro il mio petto, del tentativo simbolico di liberarti di me, di quelle unghie che affondano nella carne quasi volessero ancorarmi e non ferirmi...
Non lo vuoi davvero.
Da quanto non senti le mie dita scivolare sulla tua pelle, da quanto desideri il tocco del mio corpo, il mio calore, le mie labbra?
Da sempre, Nadine. Da sempre.
Il sapore della tua bocca, così anelato, mi inonda i sensi, facendomi ricordare chi sei.
Lasciati guardare, Splendore.
"Ti odio, Lucien" mi dici, baciandomi ancora "ti odio".
Sorrido appena, sei bella quando ostenti rabbia e sicurezza.
Voglio solo baciarti, sentirti, respirarti, viverti.
Non ho nulla da dire.
Solo parole che bruciano in gola.

mercoledì 11 giugno 2008

Home



Inserire le chiavi nella serratura di casa è forse uno dei gesti più naturali per un uomo...
Si ruota appena il polso, fino a sentire quel "click" così familiare, così dolcemente proprio, amico.
Un suono che preannuncia serenità, riposo da giornate stanche e difficili, l'ingresso in un mondo che appartiene a noi soltanto.
Si conosce ogni dettaglio di qull'ingresso, i suoi angoli, gli spazi occupati dalla mobilia e dagli oggetti accumulati nel tempo...li si respira al punto da non vederli neanche.
Semplicemente se ne avverte la presenza.
Non oggi.
Spazi vuoti e scatole, pochi accessori rimasti appoggiati a muri spogli, accesi solo dai quadri di mio padre e da un paio di librerie rigonfie delle mie letture, mi accolgono in quella piccola porzione di mondo che io chiamo "casa".
Eppure mi è sembrato, per un istante appena, di sentire questo silenzio rotto dal solito baccano di mio fratello, dal suono dell'olio che sfrigola in padella, venire accarezzato dal profumo del cibo in cottura...
Ho creduto di trovare mio padre intento a guardare un Tg, mia madre al telefono alle prese con gli spaghetti rigorosamente al dente...
No, nulla di tutto questo.
Gli operai hanno davvero fatto un ottimo lavoro.
Casa mia non è che un guscio, forse vi si agita solo lo spettro di mia nonna disturbata dal rumore del mio pc.
Dannata ventola, devo decidermi a cambiarti.
Non credevo di poter essere malinconico.
Saranno questi 25 anni di ricordi impressi sulle pareti, scavati e graffiati sui pavimenti...
Fine di un ciclo.
Si è grandi, ormai.
Allora è meglio che mi sbrighi, che vada ad organizzare spazi nuovi destinati a contenere il mio mondo, spazi miei soltanto...
Benvenuto, futuro.
Spero sarai splendido.

martedì 10 giugno 2008

La notte delle parentesi mannare




Buonasera, Vita mia.
Come stai? Io dannatamente bene.
Ti vivo.
Come, scusa? Ti disturba la presenza dell'avverbio "dannatamente"? Ti interroghi forse sul suo utilizzo iperbolico o letterale?
A te la scelta, mia vita.
Sorrido e sorrido, nonostante la stanchezza mi prenda a calci sul muso e qualche piccolo pensiero (questo si che è un eufemismo!) non faccia che rimbalzare nella scatola cranica quasi fosse in un campo di squash...
Buonasera, Vita mia.
Hai rotto un po' il cazzo oggi, lo sai?
Dammi una carezza e chiedi scusa.
No, non montar su quel musetto, che oggi non attacca, non funziona.
Ehy, puoi far le fusa quanto vuoi, non mi smuovi.
See, see...parla, parla.
BlaBlaBla.
Smettila, mi fai il solletico con quelle labbra.
Eddai!Fammi fare almeno un poco l'incazzato, non rovinarmi il gioco!
Dai, non ho scatti d'ira da troppo tempo, lasciami sfogare quanto basta per sbollire!
Non vuoi saperne, eh?No, non ti bacio, non se ne parla affatto.
Non lo meriti.
Cosa vuoi?Un abbraccio? E con che faccia me lo chiedi?
Bella questa, stronzetta!
No, non ti farò neppure una carezza, sono incazzato.
Non importa che te lo dica ridendo, o che ti stia facendo l'occhiolino.
No, non importa neppure che le mie mani stiano scivolando sui tuoi fianchi.
Sono incazzato nero.
Levati, non voglio sentire il tuo respiro, non bagnarmi gli angoli della bocca con la tua lingua.
Non ti darò le mie labbra.
Ed allora?adesso ti sei presa questo bacio a stampo...e allora?
Lo hai rubato, se tanto ti basta...
Non ti darò di quella passione che tu sai, non ruberò il tuo respiro alla notte per farlo mio, non ti farò perdere gli occhi nei miei.
Humph.
Ho voglia di fare l'amore, ma non te lo dico.

lunedì 9 giugno 2008

Repetita non iuvant


Song lyrics | Losing My Religion lyrics

Ho bisogno d'amore...
Parole che ho già scritto, intense ed insanguinate.
Ho bisogno d'amore, di tutte quelle parole che bruciano in gola, quelle dannate frasi che riesci solo a pensare e raccontare per mezzo di uno sguardo.
Ed allora parlo, e parlo, e straparlo, maledetta parola succedanea dei gesti!
Ma nulla serve, nulla! Neanche il troppo è abbastanza.
E Lei che fa?
Gioca, ride isterica, urla.
Si mostra, si dona, si nasconde...
Ed io, come nel gioco delle tre carte, come un idiota credulone tento di indovinare dove si nasconda la Donna di Cuori.
Ed ogni errore è una perdita, un pezzo di me che scompare chissà dove, un frammento d'anima che si sgretola, un pezzo di cuore che muore.
Ma vaffanculo.
Ho bisogno d'amore, lo grido al vento.
Ed intanto Lei respira il profumo delle talee, gettandole al primo appassimento.
Il roseto è una responsabilità troppo grande.
Che resta da dire, se non che di vita ho bisogno.
Vera, reale, concreta.
Credevo, speravo, pensavo.
Irrimediabilmente cocciuto, saccente, arrogante.
No, non ho più occhi buoni...solo le illusioni a riempirmi la mente.
Ho bisogno d'amore, l'ho capito da un pezzo.
Ma vorrei non averlo mai capito.
Non importa davvero...
Supererò ogni cosa.
Come sempre.

venerdì 6 giugno 2008

Sexed up




Lyrics | Sexed Up lyrics

Lascio un bacio sulla bocca, Illusione, sfiorandola appena...
Carezze delle labbra, figlie illegittime strappate a vite che non ci appartengono.
E non ci apparterranno mai.
Occhi Grandi, lasciami osservare il riflesso una volta ancora, solo quell'ultimo lampo sfavillare improvviso e breve...prima di partire.
La destinazione, mi domandi?
Se soltanto la conoscessi!
Lontano è il solo nome che conosco.
Lontano.

sabato 31 maggio 2008

Cornflake girl



Un passo appena e le sue dita si trovarono ad accarezzare il vuoto.
Il vento le solleticava gli alluci sporchi d'asfalto e terra, provocandole un leggero brivido che risaliva attraverso una vestaglietta logora, macchiata qua e là dal bianco del cotone.
Capelli lunghi e neri ricadevano ribelli lungo le spalle, agitandosi contro il suo viso, quasi rifiutassero ogni forma d'ordine non dettata dal caos, mentre due piccoli seni si sollevavano lenti sotto la vestaglia, in un respiro profondo, quasi sollevato.
Un sospiro, ed il colore del cielo si spalancò improvviso tra le sue palpebre, rivelando iridi del color del ghiaccio e della neve, occhi spauriti quasi avessero paura di sciogliersi anche loro al primo raggio di sole.
La bellezza della pelle candida e liscia vinceva gli strati di sporco che la ricoprivano, oscurata appena da un rivoletto rosso che ricadeva lungo la guancia.
Era ferita e dolorante.
Qualcuno la seguiva.
L'uomo con la cicatrice.
Ma non l'avrebbe presa, non sarebbe riuscito a riportarla a casa.
Lei odiava casa, la gente era cattiva con lei: le davano sempre quelle pillole da ingoiare, quelle stesse pillole che le toglievano la forza di pensare.
Di vivere.
Allargò le braccia appena, sollevandole al cielo, illudendosi fossero ali con le quali toccare il Cielo.
Si lasciò cadere, abbracciando il vento.

venerdì 30 maggio 2008

Quello che le donne non dicono




Siete fragili.
Occultate, scavate buche profonde nelle vostre anime, lontano da occhi indiscreti.
Errori, cattiverie, indecisioni, insicurezze.
Tutta merce avariata che giace nel profondo.
E poi coprite, coprite, nascondendo, sigillando.
Un tocco di matita, un pizzico di ombretto, quel gloss sulle labbra...
e di voi non resta che perfezione.
Splendide, splendide.
Siete meraviglia.
Ed io vi amo.
Siete il tormento e la dannazione.
Il vero peccato originale.
Non vi si può resistere, siete il sangue che pulsa nelle vene,
il pensiero occulto e pressante.
La melodia che, in sottofondo ad ogni azione, si propaga costante.
Ogni cosa è per voi.
Siete la forza.

giovedì 29 maggio 2008

Un segno dal profondo...


Song lyrics | You Keep Givin' Me lyrics

Piove.
Torino è una grande guancia lungo la quale scivolano le lacrime del Cielo.
Ho pregato.
Molto.
Nella Bibbia è scritto di chiedere il supporto nella preghiera: è propiro quello che sto facendo qui, adesso, sebbene forse non sia la sede più appropriata.
Chiedo a voi, a chiunque dovesse capitare tra queste righe scritte in fretta, di lasciare come segno del vostro passaggio una piccola preghiera per me.
Anche se non credete davvero in Cristo.
Provate solo a scrivere dal cuore.
Io pregherò per voi.

Vi sono grato dal profondo dell'anima.

Che Dio sia con tutti noi.

martedì 27 maggio 2008

Tango!




Emozione, eleganza, seduzione...
Corpi e gambe ed occhi, sguardi intrecciati.
Fuoco ed argento vivo.
Mani che si sfiorano, scivolando forti e delicate, seta su fianchi e dita intraprendenti.
Ed un passo, via, lontana.
Torna a me, lasciati avvolgere ancora, attacca, fronteggiami, arretra.
Danza con me, combatti, non arrenderti.
Non risparmiarti.
Io non lo farò.
Ed allora guerra!
Un altro passo, volteggi lontana, la mia mano ti ferma.
Splendida creatura, non ti lascio fuggire.
Così meravigliosamente Femmina...
Scivola tra le mie braccia, abbandonati, mio equilibrio instabile!
Le tue mani aperte, il mio petto, il tuo seno contro le mie spalle...
Poggia il capo appena, stringi pugni, affonda unghie.
Afferrami.
Volteggia, adesso!
Bramo i tuoi occhi, la sfida.
La tua fronte, la mia, mani strette, la tua gamba e la mia vita.
Il tuo respiro.
Profuma, Femmina, sensuale e letale.
Sei la Rosa.
E le spine.

domenica 25 maggio 2008

Gone without goodbye


Song lyrics | Gone Without Goodbye lyrics


Anche oggi non accenderò candele.
Ti dedico una canzone che ho scoperto pochi istanti fa.
"Andato via senza un saluto"...esattamente come te.
A distanza di oltre sette anni, ho ancora bisogno di te.
Ma tu non ci sei, te ne sei andato senza un saluto.
Ti odio.
Pregherò per te, amico mio.
Ti voglio bene.

sabato 24 maggio 2008

Memento

Ho bisogno d'amore!
Diamine, dannazione, Giuda!
Doveva cogliermi improvvisa, questa necessità, se la prendesse il Signore!
Non la sopporto, non resisto, è più forte di me, mi esplode in petto, urla isterica, ingorda e straziata questa fottutissima voglia d'amore.
Non la capisco, è di carne e sangue, di fuoco e ghiaccio, passione e tenerezza insieme, insensato pianto ed alienata risata, un turbine violento ed iracondo, furioso...
Arriva, passa, sconquassa e riparte.
Ed ancora e ancora e ancora!
Mi manca Lei.
Chi è poi, Lei?
E' Lei soltanto, che domande. E' Lei la domanda, il cruccio, l'interrogativo e l'esclamativo.
Si, l'esclamativo dopo ogni mia espressione, lo stupore quando è accanto, la meraviglia dello sguardo che non conosco ma che ancora incendia.
Pazzo, pazzo. Sono pazzo.
Di passione e tristezza, bisogno ed arrogante desiderio, tenerezza e morsi, denti e labbra.
'Fanculo, amore mio.
Come sempre non ci sei, eppur ti bramo.
Non tu, signorina, ma Lei.
Chi sarà mai?
Ecco la domanda.
Non lo so!
Ecco l'esclamativo.
Cazzo, poesia da due soldi, prosa rinsecchita che affolla sterile!
Inutile ti accalchi tra le tempie, pulsi ancora e te ne fotti che i miei timpani possano esplodere, fai tutto quello che non serve, risparmiandoti i dettagli importanti.
Ma non sai capire, non hai mai saputo farlo.
Ed allora a che serve la rabbia?
Resta il desiderio di avere qualcosa che non si ha, che si credeva di avere.
Che ci si Illudeva di avere.
Sei come i tre punti... una sospensione.
Ed io sospeso con il naso per aria continuo a restare, l'idiota di turno che insegue un sogno illudendosi che saprà saziarne il bisogno più intimo e finora discreto.
Ingenuo stolto!
Ecco un altro esclamativo.
Ma non sono mai abbastanza gli esclamativi, non quelli che la mia rabbia ti regalerebbe, invettiva furiosa e fragile! Come una lama di vetro sono le mie verità, taglienti ma durevoli per un solo affondo...e frantumi sanguinolenti sarebbero i soli ricordi.
Ho bisogno d'amore, e solo ora me ne accorgo.
Solo adesso lo ammetto.
Solo adesso lo vedo.

Love me like there's no tomorrow




Ero poco più che un ragazzino, molto meno che un uomo.
Uno strano ibrido anagrafico, troppo piccolo per capire davvero e troppo grande per ignorare.
Ascoltavo questa canzone, a ripetizione, sognando ad occhi aperti.
Versando lacrime.
Le mie prime lacrime.
Ricordo ancora il sapore del sale scivolare lungo le gote, nella solitudine di una camera piena di posters e giocattoli che tardavano a sparire.
Dannati peluches, li ho ancora tra i piedi.
Lei.
Sempre Lei la ragione.
Sempre Lei a divorarmi il cervello, rosicarmi l'anima.
Cambiava occhi, colore dei capelli, persino le tonalità della pelle, il sorriso.
Mi trovava, nonostante mi nascondessi.
Cazzate.
La cercavo.
Disperatamente, ossessionato, farneticante, quasi fossi il suo zelante sacerdote.
La veneravo.
Lei, sempre Lei.
Ed ogni volta un nuovo nome, nuove labbra e seni, nuovi occhi nei quali perdersi sussurrando miele...
Si, Lei. Sempre Lei.
Solo Lei, in tutte le sue incarnazioni, tutte così dannatamente diverse.
Eppure uguali.
Vaffanculo.

venerdì 23 maggio 2008

Litio



Sfatto, indelebilmente macchiato, criptico.
Incomprensibile.
Spazzatura.
Il gioco delle parti, pantomima acida ed acerba, stillicidio.
Basta.
Stanchezza è quanto resta, sudore sangue e merda a ricordar che vivo.
Come Undone.
Provo a pensare, ma è così difficile, portatemi un altro drink.
Cazzo, non bevo da una vita, forse il mio fegato ha bisogno di smettere d'esistere un po'.
Oh, delirio alcolico, quanto mi manchi!
Leggero, leggero!
Voglio volare.
No, non ho paura di morire, semplicemente non voglio.
Forse per questo corro.
Magari non mi raggiungerà mai.
Mi alleno ad arrivare tardi per il giorno del mio funerale.
Dovrò studiare l'epitaffio da recitare.
Accendo una paglia, dannata puttana che mi carezza i polmoni.
Espiro...il soffio ed il fumo, non sono che pezzi di vita che mi abbandonano.
Sono stanco, voglio riposare.
Cambiare.
Come undone.
Datemi solo un po' di litio ed un Negroni con ghiaccio.
Mi serve solo quello per recuperare l'equilibrio.
Sospeso su di una fine, tu che mi guardi da sotto.
Piangendo.
Ma solo perchè ancora non cado.
Sarà la sbornia, ma niente vertigini.
Manca l'happy end.

giovedì 22 maggio 2008

Sputando sangue e pezzi d'anima




Il calore del suo sangue andava disperdendosi nella sabbia, macchiandola del rosso intenso del cuore e della vita stessa.
Lucien giaceva disteso sulla schiena, gli occhi fissi su di una luna offuscata e fragile, il rumore della bonaccia a coprirne i respiri ansimanti e rapidi.
Il volto macchiato, un rivolo scendeva lento lungo la bocca, il risultato di una notte cominciata sotto i peggiori auspici.
"Nadine" provò a dire, aggrappandosi a quel nome, quasi fosse la sua stessa vita. Tossì, sputando sangue e pezzi d'anima.
La donna lo guardava con un lieve sorriso, carico di tristezza malcelata, gli occhi lucidi di chi non ha avuto scelta.
Appoggiò appena dita smaltate di rosso su quelle labbra macchiate, portandole lentamente alle sue, quasi volesse conservare di lui quell'essenza anelata.
Essenza che da sempre le apparteneva.
Ed una lacrima scese leggera lungo la guancia pallida, confondendosi con gocce di sangue amate, quasi anche loro volessero incontrarsi un'ultima volta.
"Nadine..." pronunciò quel nome, ancora, poco più di un flebile sussurro perso nella risacca.
Sapeva che Lei era al suo fianco, ne avvertiva il corpo caldo disteso accanto al suo , confortandolo dal freddo che lentamente s'impadroniva dei suoi sensi.
Ed era tutto ciò che potesse desiderare.
La luna era adesso null'altro che un alone scuro nel suo orizzonte, una macchia luminosa, ma non gli importava.
Non più.
Non aveva più bisogno di occhi per vedere Nadine danzare con lui, ammirare il suo sorriso addormentato, lo splendore del suo viso tra le lenzuola del loro letto...
"Ti porterò via con me, Nadine" sospirò rauco del suo sangue "Balleremo ancora, come quella notte...".
Sorrise, abbandonando il suo respiro tra le onde.
Nadine poggiò le labbra su quelle di Lucien, fredde, dischiuse in un ultimo bacio.
"Addio, Lucien" sussurrò appena, chiudendogli gli occhi "Addio".

mercoledì 21 maggio 2008

Io li chiamo progetti




Ho comprato un biglietto per Marte.
L'ho buttato in un cassetto, al riparo da occhi indiscreti.
Compresi i miei.
La vita è una dannata scelta dietro l'altra, una sventagliata di prove e decisioni, come di un mitra, che ti si ficcano nella carne.
Mutilandoti.
Devo essere un invalido di guerra, a giudicare dalle ferite.
Eppure rido.
Già...rido.
Di un riso isterico.
Sono un tiro alla fune, una maratona, spesso un'intera olimpiade.
Sono un disastro di cose da fare.
Forse sono l'incarnazione delle cose che faccio.
Vorrei essere un bohemien per non dovermi preoccupare di nulla, ma poi mi sveglio.
Grazie a Dio.
Io sono quello che sono, giusto e sbagliato, vero e falso, x ed y.
Anche z, se volessimo esagerare.
Alfa ed omega di me stesso, splendidamente incompreso anche da chi dovrebbe conoscere il prezzo del sangue.
Ma io sorrido, tanto l' Arlecchino fa "patpat" sulla spalla mentre i miei impegni prendono a calci questa cazzo di poltroncina.
No, non posso sedermi a lungo.
Ancora troppa strada.
Sorrido, preparo l'argent...
Per cosa?
Diamine, per il prezzo che dovrò pagare!

A Lullaby for you

Maledetto Alex, non dovevi farmi ascoltare questa canzone!

Non so perchè, ma quando anche voi vi ritroverete a canticchiare questo motivetto, quel caprone del mio socio diverrà una calamita per tutti i vostri improperi!


Lullaby For You -English Version- - JYONGRI

martedì 20 maggio 2008

Vangelo secondo Luca, 11.1

Originale Greco (testo di Matteo)

Πάτερ ἡμῶν ὁ ἐν τοῖς οὐρανοῖς
ἁγιασθήτω τὸ ὄνομά σου·
ἐλθέτω ἡ βασιλεία σου·
γενηθήτω τὸ θέλημά σου,
ὡς ἐν οὐρανῷ καὶ ἐπὶ τῆς γῆς·
τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον δὸς ἡμῖν σήμερον·
καὶ ἄφες ἡμῖν τὰ ὀφελήματα ἡμῶν,
ὡς καὶ ἡμεῖς ἀφίεμεν τοῖς ὀφειλέταις ἡμῶν·
καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν,
ἀλλὰ ῥῦσαι ἡμᾶς ἀπὸ τοῦ πονηροῦ.
[Ὅτι σοῦ ἐστιν ἡ βασιλεία καὶ ἡ δύναμις καὶ ἡ δόξα εἰς τοὺς αἰῶνας·]
ἀμήν.

Traslitterazione:

Pater hēmōn, ho en tois ouranois
hagiasthētō to onoma sou;
elthetō hē basileia sou;
genethetō to thelēma sou,
hōs en ouranōi, kai epi tēs gēs;
ton arton hēmōn ton epiousion dos hēmin sēmeron;
kai aphes hēmin ta opheilēmata hēmōn,
hōs kai hēmeis aphiemen tois opheiletais hēmōn;
kai mē eisenenkēs hēmas eis peirasmon,
alla rhusai hēmas apo tou ponērou.
[Hoti sou estin hē basileia, kai hē dúnamis, kai hē doxa eis tous aiōnas;]
Amēn.

In Aramaico/Siriaco

ܐܰܒܽܘܢ ܕܒܰܫܡܰܝܳܐ
ܢܶܬܩܰܕܰܫ ܫܡܳܟ
ܬܺܐܬܶܐ ܡܰܠܟܽܘܬܳܟ
ܢܶܗܘܶܐ ܨܶܒܝܳܢܳܟ
ܐܰܝܟܰܢܳܐ ܕܒܰܫܡܰܝܳܐ ܐܳܦ ܒܐܰܪܥܳܐ
ܗܰܒ ܠܰܢ ܠܰܚܡܳܐ ܕܣܽܘܢܩܳܢܰܢ ܝܰܘܡܳܢܳܐ
ܘܰܫܒܽܘܩ ܠܰܢ ܚܰܘܒܰܝܢ ܘܰܚܬܳܗܰܝܢ
ܐܰܝܟܰܢܳܐ ܕܐܳܦ ܚܢܰܢ
ܫܒܰܩܢ ܠܚܰܝܳܒܰܝܢ
ܠܳܐ ܬܰܥܠܰܢ ܠܢܶܣܝܽܘܢܳܐ
ܐܶܠܳܐ ܦܰܨܳܐ ܠܰܢ ܡܶܢ ܒܺܝܫܳܐ
ܡܶܬܽܠ ܕܕܺܝܠܳܟܺ ܗܝ ܡܰܠܟܽܘܬܳܐ
ܚܰܝܠܳܐ ܘܬܶܫܒܽܘܚܬܳܐ
ܠܥܳܠܰܡ ܥܳܠܡܺܝܢ ܐܰܡܺܝܢ܀

Traduzione Latina (Vulgata)

Pater Noster qui es in caelis:
sanctificétur Nomen Tuum;
advéniat Regnum Tuum;
fiat volúntas Tua,
sicut in caelo, et in terra.
Panem nostrum
cotidiánum da nobis hódie;
et dimítte nobis débita nostra,
sicut et nos
dimittimus debitóribus nostris;
et ne nos indúcas in tentatiónem;
sed líbera nos a Malo.
Amen.

Traduzione Italiana (versione liturgica cattolica)

Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà
come in cielo così in terra.
Dacci oggi
il nostro pane quotidiano,
rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo
ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen

lunedì 19 maggio 2008

I'm Going Slightly Mad





Sono circondato da ombre.
Mi osservano e scrutano, alcune ridono, altre leccan le loro ferite negli angoli.
Qualcuna bestemmia ed impreca, m'insulta.
Nessuno le vede.
Tranne me.
Lucien, con la sua faccia da stronzo, si accende intanto un'altra sigaretta, una di quelle paglie delle quali avrei bisogno adesso, con quell'espressione carica di disprezzo che conosco così dannatamente bene.
Mariko, inchiodata a terra tremante, sbava in crisi d'astinenza...povera tossica.
Il Commissario se ne fotte, prende una delle bionde offerte da Lucien fumandole alla faccia mia, mentre mister M. se ne sta appollaiato sulla sbarra del letto come un fottutissimo rapace, l'aria di chi ha pazienza da vendere.
Per non parlare di quegli sgorbi informi alle loro spalle, con i volti appena abbozzati, macchiati d'inchiostro sbavato, che mugugnano e mormorano parole che non riescono a pronunciare...
Volete prender vita, vero?
Il vostro Arlecchino zompetta allegro tra i muri di questa stanza, lancia per aria libri ed appunti, ridendo isterico, canzonando questo stupido che batte alla tastiera pensieri che non servono a nulla.
"Dovresti scriverci, stronzetto" mi dice.
Io continuo a cazzeggiare, bello mio.
Me ne fotto.
Esisti se lo voglio.
Ed adesso, diamine, non lo voglio.
O forse, per meglio dire, lo vorrei ma non ci riesco.
No, nessuna crisi, nulla di così drammatico.
Solo la testa in panne, con tanta voglia di urlare al cielo non so cosa, purchè catartico.

Su, tornate nel cassetto, vecchi bastardi, solo per oggi.
Lasciatemi respirare, tornate domani.
Non ho nulla da dare, questa sera, se non rabbia e cattiveria.
Non vi voglio inquinare.

venerdì 16 maggio 2008

La Fame



Mariko poteva sentire le sue stesse ossa tremare sin dal midollo, propagando il gemito fino alle carni.
Per quanto provasse a dominarsi, i suoi muscoli rifiutavano di obbedire, di soffocare il movimento inconsulto che, seppur imperccettibile quanto un respiro, la soverchiava.
La Fame.
Maledetta puttana.
"Allora, bella bambina?Sicura di non volerne almeno assaggiare?" sorrise Lilith, affondando nuovamente denti aguzzi nel cuore ancora caldo.
Una sottile linea cremisi cominciò a scivolare lenta sul mento della creatura, discendendo lungo il collo nero e lucido come ossidiana, abbandonandosi su seni coperti appena da uno lieve strato di latex sottile come una seconda pelle.
Mariko osservava il sangue concentrarsi a gocce su capezzoli turgidi, invitanti, quasi fosse un neonato.
E Lilith la madre pronta a saziarla di nettare denso e dolce: una madre oscura, dannata, dai seni corrotti e gonfi d'icore.
La Fame.
Avvertiva il suo morso nelle viscere, un'eco crescente di fastidio ed oppressione, un urlo sordo che andava trasformandosi, in divenire.
Il dolore.
La fronte le scottava, imperlata di sudore nonostante la brezza invernale, mentre il silicio organico dentro di lei cominciava a divorarne i muscoli.
Per poi passare agli organi interni.
Il mondo le girò improvviso, costringendola ad accasciarsi contro la parete di mattoni alla sua destra per non cadere, mentre le forze l'abbandonavano.
Lilith sospirò, sollevandosi dal suo trono organico improvvisato.
Mise un piede davanti l'altro, con grazia felina, passo dopo passo, ancheggiando appena nella sua raggelante perfezione.
Le ginocchia di Mariko cedettero, deboli e consumate da quella stessa Fame che le stava oscurando la vista, il fiato corto, affannato, isterico.
Urlò dal dolore, e del sangue cominciò a colarle dalle orecchie, mentre i suoni giungevano ovattati, quasi i timpani avessero smesso di vibrare, perforati.
Vide un ombra, nera come il peccato, chinarsi appena su di lei
"Bella bambina capricciosa, io esisto" dissero le mille voci di donna all'unisono "ed adesso mangia, piccolina. Lo hai già fatto altre volte, non vorrai morire proprio adesso?"
Il sapore della carne cruda si fece spazio tra le sue labbra, mentre il sangue rappreso colava in piccoli grumi dentro la sua bocca, rendendola improvvisamente estasiata.
Con un gesto rapido strappo dalle mani ossidiana il cuore mutilato, prendendolo con entrambe le mani e mordendolo con una tale intensità da liberare schizzi sul muro contro il quale giaceva.
"Mangia, bella bambina" sussurrò appena in orecchie che già andavano ricostruendosi grazie al silicio organico "cresci e diventa forte per me".
Le prese la testa tra le mani, delicata e leggera come una brezza, abbandonando un bacio insanguinato sulla sua fronte.
Il tocco di Lilith l'abbandonò con la stessa grazia con la quale l'aveva incontrata.
Non un fiato, non un respiro.
Sparita.
Senza lasciare traccia.
Mariko avvertì la temperatura corporea scendere vertiginosamente, i suoni tornare nitidi, il velo che oscurava gli occhi sparire.
E le mani staccare pezzi di quel corpo macellato per infilarli ingorde nella sua bocca.
E divorarli.

Altrove, intanto, Lilith rideva.