sabato 24 maggio 2008

Memento

Ho bisogno d'amore!
Diamine, dannazione, Giuda!
Doveva cogliermi improvvisa, questa necessità, se la prendesse il Signore!
Non la sopporto, non resisto, è più forte di me, mi esplode in petto, urla isterica, ingorda e straziata questa fottutissima voglia d'amore.
Non la capisco, è di carne e sangue, di fuoco e ghiaccio, passione e tenerezza insieme, insensato pianto ed alienata risata, un turbine violento ed iracondo, furioso...
Arriva, passa, sconquassa e riparte.
Ed ancora e ancora e ancora!
Mi manca Lei.
Chi è poi, Lei?
E' Lei soltanto, che domande. E' Lei la domanda, il cruccio, l'interrogativo e l'esclamativo.
Si, l'esclamativo dopo ogni mia espressione, lo stupore quando è accanto, la meraviglia dello sguardo che non conosco ma che ancora incendia.
Pazzo, pazzo. Sono pazzo.
Di passione e tristezza, bisogno ed arrogante desiderio, tenerezza e morsi, denti e labbra.
'Fanculo, amore mio.
Come sempre non ci sei, eppur ti bramo.
Non tu, signorina, ma Lei.
Chi sarà mai?
Ecco la domanda.
Non lo so!
Ecco l'esclamativo.
Cazzo, poesia da due soldi, prosa rinsecchita che affolla sterile!
Inutile ti accalchi tra le tempie, pulsi ancora e te ne fotti che i miei timpani possano esplodere, fai tutto quello che non serve, risparmiandoti i dettagli importanti.
Ma non sai capire, non hai mai saputo farlo.
Ed allora a che serve la rabbia?
Resta il desiderio di avere qualcosa che non si ha, che si credeva di avere.
Che ci si Illudeva di avere.
Sei come i tre punti... una sospensione.
Ed io sospeso con il naso per aria continuo a restare, l'idiota di turno che insegue un sogno illudendosi che saprà saziarne il bisogno più intimo e finora discreto.
Ingenuo stolto!
Ecco un altro esclamativo.
Ma non sono mai abbastanza gli esclamativi, non quelli che la mia rabbia ti regalerebbe, invettiva furiosa e fragile! Come una lama di vetro sono le mie verità, taglienti ma durevoli per un solo affondo...e frantumi sanguinolenti sarebbero i soli ricordi.
Ho bisogno d'amore, e solo ora me ne accorgo.
Solo adesso lo ammetto.
Solo adesso lo vedo.

6 commenti:

un tocco di zenzero ha detto...

Sono gelosa di questo post...per cui i miei occhi inciamparono sul tuo blog...perché ti capivo..dannazione se ti capivo...e lo sento ancora qui, a incazzarmi e svilirmi, questo dannato, fottuto bisogno d'amore

Juliet ha detto...

sei Lei leggesse queste righe avrebbe il timore di amarti, di rompere quello che nella tua mente si è creato ha preso forma in questo post...Se nn la conosci già, se non è già nei tuoi passi, quando la incontrerai ti sembrerà di aver aspettato solo un battito di ciglia...

scrivi come scrivevo io una volta...dalla mia attesa e rabbia ne è venuto fuori un libro...provaci anche te, se non l'hai già fatto!

Voxdei ha detto...

Sono parole in attesa di detonazione...bombe ad orologeria innescate, pronte a frantuamare l'anima e disperderla al vento...
Sospese tra delirio onirico e fottute consapevolezze, piccole ancore ben salde su fondali in tempesta...
Poichè la verità è illusione, forse il timore è null'altro che il figlio illegittimo di creature che si sfiorano in quel battito di ciglia...

un tocco di zenzero ha detto...

Se ogni parola è un principio d'azione, tutt'altro che ancore sono queste parole su fondali in tempesta. Si amalgamano alle onde, scorgono l'intimo andare dell'irrazionale, sono spia del tuo io cruento. Sono tue piccole battaglie nell'incorruttibilità dell'ingannevole ragionevolezza. Lasciati cullare dalle onde, che ti sbattono tra battigia e scogli, ma ti temprano e fortificano. Assapora le correnti. Ascolta quelle parole scivolate in uno scompiglio maldestro dell'anima. Cresci in esse e sentiti libero nel tuo desiderio primigenio. Siamo fatti per amare ed essere amati. E se ci si incontra, in specchi riflessi, la solitudine può divenire lieve nebbia, che si dirada in sorrisi colmi di sole.

Anonimo ha detto...

...vieni tra le mie braccia...

Anonimo ha detto...

Ho fame della tua bocca, della tua voce, dei tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi,silenzioso,
non mi sostiene il pane, l'alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.
Sono affamato del tuo riso che scorre, delle tue mani color di furioso granaio,
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.
Voglio mangiare il fulmine bruciato della tua bellezza,
il naso sovrano dell'aitante volto,
voglio mangiare l'ombra fugace delle tue ciglia
e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine di Quitratùe.