lunedì 23 agosto 2010

Into the Wilderness Episodio 1di7 - SACRIFICIO - (formattazione corretta)

Perdonatemi, a causa di una formattazione inadeguata per blogspot, il testo veniva riportato con tagli e modifiche insensate...chiedo perdono.


SACRIFICIO


Il calore delle fiamme tagliava netto come una lama il freddo affilato della sera.
La legna scoppiettava danzante tra le fiamme del piccolo fuoco da campo, regalando quel sapore pungente ed aspro carico di libertà.
Fissava con occhi stanchi il buio della notte prendere forma attorno alla luminescenza ignea, quasi fosse un amante desideroso d'abbracciar quella luce, avvolgerla e farla sua.
Come una danza, le lingue piroettavano ardenti, incontrollate nel loro caotico ordine, ipnotiche...catturando quegli occhi stanchi, finalmente liberi dalle luci al neon della città.
Non un rumore che fosse d'uomo era attorno, non un respiro capace di sovrastare il canto notturno di cicale e grilli, rapaci ed altri esseri che la natura voleva insonni.
Il silenzio umano era assente, solo il dominio di ciò che umano non era.
Erano parole sussurrate al vento, un sibilo, un batter ciglia delle stelle, la carezza di una foglia ed il bacio dell'erba...l'intera creazione era voce e tocco.
La ragione per la quale fosse lì, nel bel mezzo del nulla, non riusciva a trovare forma tra le sue sinapsi, quasi come se non fosse altro che nebbia la sua coscienza perdeva ogni consistenza, riempiendo mente e cuore ed anima...
Spesso, troppo spesso la paura del silenzio lo aveva attanagliato.
La ragione, poi, era sempre la stessa.
Il terrore di ascoltare.
Non è forse questo il moltivo per il quale ovunque un uomo possa recarsi la musica impera, il rumore domina e le voci sciamano come un brulicare d'insetti affamati?Nel silenzio sentiava qualcosa sussurrare al suo orecchio, una voce chiamarlo per nome, facendogli correre il rischio di ascoltare.
Un rischio che non era disposto a correre.
O forse si?
Era un uomo in fuga, a caccia di risposte. E non aveva altro da perdere.
Agitò le braci con un legnetto, provocando scintille leggere ed effimere, stuzzicandole e fissandole come fossero i suoi pensieri.
Una brezza soffiò improvvisa alle sue spalle, un semplice alito, gelandogli le ossa quasi fossero state immerse nella neve d'alta quota e persino il fuoco fu sul punto di ghiacciarsi. Andrea si strinse addosso la coperta, istintivamente, nel tentativo di impedire ad altro calore di allontanarsi e lasciarlo ad intirizzirsi nel bel mezzo del nulla.
"C'è posto per me, attorno a questo fuoco?" ruppe il silenzio una voce che non sapeva di minaccia né di esitazione.
L'uomo sedeva accovacciato su di un tronco d'albero abbattuto, con mani giunte ed un sorriso appena abbozzato. Le fiamme si riflettevano danzando sulla sua fronte scura, perdendosi nella barba che incorniciava il viso scuro e dai tratti mediorientali. I suoi occhi lo fissarono decisi , quasi volessero dirgli con un silenzioso ammonimento che la sua era una domanda retorica.
Eppure Andrea non vi leggeva nulla di minaccioso o sinistro: seduto di fronte a lui c'era soltanto un uomo con la tipica aria di un montanaro. Indossava una camicia di flanella a scacchi rossi e neri, un berretto pubblicitario con la scritta Shell a caratteri gialli su sfondo bianco ed un paio di guanti da lavoro luridi di anni di fatica.
"Anche tu in campeggio da queste parti?"
Andrea scosse la testa e strabuzzò gli occhi, forse il digiuno cominciava a fargli uno strano effetto.
Da dove era sbucato il tizio?
"Si" rispose Andrea sollevando il sopracciglio da sotto le lenti spesse dei suoi occhiali "...e tu chi saresti?"
L'uomo sorrise alzando la mano in segno di scusa, non prima d'essersi dato una pacca sulla fronte.
"Che testa!Perdona la scarsa creanza, ma spesso ho l'abitudine di credere che tutti mi conoscano. Chiamami J.C."
"Jonathan, John, Jacob...?"
J.C. Abbozzò un sorriso mentre prendeva un legnetto con il quale ravvivare la fiamma.
"J.C., solo J.C. Non amo le smancerie o le formalità. Credici o no, sono uno che va al cuore delle cose."
"Ok, come preferisci, J.C. Io sono Andrea. Da dove vieni?Cioè, insomma...che ci fai qui, adesso?"
L'uomo lo fisso negli occhi con uno sguardo profondo come l'eternità, senza emettere un suono.
Negli istanti a seguire il silenzio divenne il vero padrone dello spazio attorno al falò, consentendo al tempo di dilatarsi oltremisura senza che questo chiedesse neppure il permesso.
J.C. Estrasse un coltello multi uso e per un periodo che sembrò l'eternità Andrea trasalì fino a sentire un gocciolone gelido corrergli lungo la schiena. Cosa aveva intenzione di fare con quell'arnese?E pensare che sua moglie continuava a ripetergli che non era stata una buona idea quella di andare in montagna, in solitudine, lontano da tutto e tutti, poiché chi l'avrebbe soccorso in caso di bisogno?
Ma lui era partito proprio per questa ragione: non voleva che lo soccorressero.
Era stanco di una vita passata a pensare ad avere paura del futuro, di un'esistenza trascorsa tra le mura domestiche per timore del mondo fuori dalla porta.
Tutta la sua intera esistenza aveva seguito le tappe della “vita del bravo ragazzo”: sport, studio con tanto di laurea, catechismo e scuola domenicale, un matrimonio felice ed un buon lavoro, due figli meravigliosi. Wow, apparentemente quella che sembrava essere una vita modello, l'incarnazione del “Sogno americano”.
La verità era che il vuoto che sentiva dentro lo divorava.
Nulla di quanto avesse riusciva a colmare del tutto quella sensazione di “mancanza”, d'incompleto che avvertiva dominare la propria anima. Ogni cosa era un palliativo, una sorta di anestetico in grado di addormentare per brevi istanti il dolore della propria anima.
A volte s'illudeva che, in fin dei conti, il suo malessere fosse normale, una prerogativa di chi, come lui, non dovesse spendere la propria vita tentando di campare.
Insomma, cominciava a convincersi che, quando uno i problemi non li aveva, cominciava a crearseli per sentirsi vivo.
Come una sorta di maledizione, l'insoddisfazione era prerogativa umana.
Voleva esser soccorso, certo, ma solo da questi pensieri che non portavano a nulla.
Voleva essere soccorso.
Da se stesso.
Cercava risposte e buone domande.
Ed adesso si ritrovava davanti ad uno sconosciuto che avrebbe potuto esser chiunque, persino un pazzo omicida armato di coltello, nel cuore della notte, lontano qualche chilometro da ogni forma di civiltà.
Wow, che splendida prospettiva. Se la sarebbe fatta addosso, se non avesse conservato impressa nella mente il volto severo e disgustato del padre, un ex ufficiale dell'esercito che non avrebbe certamente preso bene una reazione simile da parte del proprio erede.
J.C. Prese un pezzo di legno, un ramoscello di qualche centimetro di diametro, e cominciò a pulirlo dalla corteccia con movimenti rapidi e decisi sotto lo sguardo inebetito di Andrea.
La lama saettava veloce, quasi istintivamente, scivolando lungo il ramoscello secondo la volontà dell'intagliatore. Andrea prese fiato, sebbene non fosse chiaro il suo intento, l'uomo non appariva minaccioso. Un poco strano, forse, ma non pericoloso. Avrebbe atteso la fine del suo silenzio.
Ammirava il modo in cui le mani si muovevano agili, sicure di ogni movimento, al punto da non riuscire a staccarne lo sguardo.
Il fuoco, intanto, continuava la sua danza, volteggiando con riflessi rossastri sul volto dei due uomini.
"hai figli, vero?"
Andrea resto sorpreso ed stordito dall'improvviso rompersi del silenzio.
"beh...si. Due figli. Splendidi. Il più grande è Jerod, è al suo primo anno di università. Poi c'è la piccola Lily, di 16 anni. E' la mia principessa." Portò la mano destra al portafogli, e tirò fuori una foto che ritraeva la sua famiglia.
"Ecco, vedi?Questi sono i miei figli. E questa meravigliosa donna è Annette. Siamo sposati da 24 anni. Ad ottobre saranno 25, stiamo organizzando una festa meravigliosa: un secondo matrimonio!" s'interruppe per un istante, cercando di catturare l'espressione dell'uomo seduto davanti a lui, sperando di scorgere la stessa eccitazione che vibrava nella sua voce .
"Beh, si, capisco" riprese Andrea "sembrerebbe una cosa, come dire, un po' Kitsch, ma sai...siamo gente modesta, non ci concediamo mai grandi cose ed allora ci siamo detti: perchè no?Insomma, un amore del genere val bene la pena d'esser festeggiato, no?"
L'uomo chiamato J.C. lo fissava con i suoi occhi neri, continuando il suo intaglio.
"Non sono qui per portarti buone notizie, Andrea." il tono si fece grave, smise d'intagliare il legno ed il suo sguardo si fece pesante, quasi gli stesse facendo una radiografia all'anima.
"10 ottobre 2010" continuò "ti dice nulla?"
Andrea per poco non cadde dalla sediolina da campo, sebbene fece in tempo ad urtare una borraccia piena di quell'acqua che, adesso, avrebbe dovuto riempire nuovamente al fiume.
J.C. Riprese ad intagliare il legno, sereno e calmo, con l'aria di chi sa che sta per ricevere ciò che ha chiesto.
"Aspetta, aspetta" si affretto a dire Andrea "come fai a conoscere questa data?E' il giorno del mio anniversario!"
La sua voce era carica di paura e rabbia insieme, entrambi tratti tipici di chi non capisce un accidente di quello che gli sta capitando addosso ed al contempo deve farci i conti.
"Chi sei, J.C.?Non prendermi per i fondelli, dimmi chi sei!"
J.C. Non lo guardò neppure negli occhi, concentrandosi sul suo lavoro. Adesso aveva appena terminato un secondo legnetto. Prese un piccolo laccio e legò insieme i due legnetti, uno più corto ed uno più lungo, perpendicolarmente.
Con un colpo deciso, J.C. Piantò il piccolo oggetto nel terreno, lasciando che la luce danzante della fiamma proiettasse la sua ombra su tutto il piccolo campo.
"Ma questa è una croce!Che vuoi dire?"
"Che sarà un giorno particolare. E dovrai essere pronto per affrontarlo"
La bocca di Andrea fece per aprirsi, ma subito si richiuse, tremando.
Si sentì come se un pugno l'avesse colpito in pieno stomaco e la cena, una misera brodaglia in lattina dal sapore di fagioli ed allumino, cominciò ad smaniare di vedere il cielo stellato.
"Chi sei?" cercò di dire tremante Andrea, sommesso.
J.C. continuava a fissarlo negli occhi, un velo di lieve tristezza negli occhi.
"Chi sei?!?!" il grido squarciò il silenzio notturno e parve persino che gli animali rimasero in silenzio per qualche istante, intimoriti.
"Sai già chi sono, amico mio" rispose J.C. "Lo sai già"
Andrea cadde all'indietro, battendo la testa contro una roccia ed il dolore gli annebbiò la vista ed i sensi per un tempo che gli parve infinito.
Quando finalmente le immagini davanti ad i suoi occhi smisero di essere sfocate, vide J.C. chino di fronte a lui.
"Non sei proprio felino nei movimenti, eh?" disse con un sorriso appena abbozzato, stendendo la mano per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Andrea accettò l'aiuto stringendola e sollevandosi per tirarsi su.
"Non puoi essere lui"
"Si che posso. E lo sai bene" rispose J.C.
"E perchè?Perchè qui, perchè adesso?Dove sei stato fino ad oggi?" incalzò, facendosi rosso in viso dall'agitazione.
J.C. abbozzò un sorriso grande, rimettendosi a sedere. Il suo viso appariva bello e radioso, seppure di una bellezza diversa da quella hollywoodiana alla quale siamo abituati.
"”Perciò, ecco, io l'attrarrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.”"
"E' dalla Bibbia, vero?" disse Andrea, stupito da parole che ricordava d'aver sentito da bambino.
"E' una promessa, amico mio. Ed io mantengo le mie promesse. Non sei qui per caso, non sei qui perchè lo hai voluto: sono io che ti ci ho portato. Io ti ho chiamato"
I pensieri cominciarono a turbinare nella mente di Andrea, scontrandosi e rincorrendosi, fuggendo in ogni direzione. Nei suoi occhi solo un uomo di fronte ad una folla, sorridente, a spezzare pani per le folle, a sorridere con i bambini mentre li teneva sulle gambe, a consolare i lebbrosi e guarire i malati. Sentì sul corpo il dolore del flagello sulla sua carne mentre quell'uomo soffriva in silenzio, contorcendosi ad ogni scudisciata, vide il sangue macchiargli il volto mentre brandelli di carne venivano sollevati dalle catene uncinate e uomini in armatura godere di questo scempio, infierire su di un giusto, caricandogli una croce sulle spalle, insultandolo.
Sentì il peso dei chiodi affondare nella carne, facendosi spazio tra i tendini e frantumando le ossa di mani e piedi, un grido gli si soffocava in gola mentre corvi e fulmini squarciavano il cielo nero come la notte.
La prospettiva cambiò improvvisa, e quello che fino ad un istante prima era un semplice spettatore ritrovò se stesso sulla croce, proprio accanto all'altro uomo. Sentì il peso di magli di ferro abbattersi sulle sue ginocchia, spaccando ossa e cartilagine, facendolo urlare fino a consumare l'ultimo respiro che aveva in corpo e gridò ancora quando il freddo gelido della punta di lancia andrò a farsi spazio tra le sue costole, perforandogli un polmone. Il suo cuore bruciava dal dolore, pulsando impazzito, pompando morte in ogni vena mentre persino respirare diveniva più doloroso di una coltellata... desiderò di morire, per un istante, d'esser libero da quell'agonia. Agonia che sapeva di meritare, così come sapeva di meritare quella morte, sapeva d'essere un ladro ed un fornicatore, sapeva d'aver ignobile: sapeva d'esser colpevole e quella era la giusta punizione per i suoi peccati.
"Davvero desideri esser libero, Andrea?Davvero vuoi essere salvato?" disse l'uomo martoriato e sanguinante sulla croce.
"Si, ti prego!Salvami, Salvami!" urlò piangendo
"Così sia" rispose l'uomo.

Udì un grido che gli squarciò il cuore e l'anima, il grido di un giusto che moriva innocente, un giusto che urlava disperato “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

Il cielo si fece buio ed i fulmini squarciarono la tela del cielo come una lama feroce, lampi così abbaglianti da accecarlo...
Riaprì gli occhi, ritrovandosi ai piedi della croce, il suo corpo immacolato e sano, senza un segno, e persino la sua croce era scomparsa.
J.C. giaceva sulla croce, privo di vita e martoriato.

Andrea spalancò gli occhi, urlando in ginocchio, mentre J.C. sedeva immobile davanti a lui, fissandolo.
"Sono morto anche per te" gli disse "sono morto anche per te"