martedì 15 agosto 2017

Appuntamento al Diner

"Posso?" Cadde dal treno di pensieri, direttamente con il culo per aria.
"Umh?" riusci' a bofonchiare appoggiando la tazza di caffe' fumante.
"Posso sedermi? E' libero?"
Scosto' i le parole davanti agli occhi, facendo lo spazio necessario a mettere a fuoco la la voce di donna che gli si parava davanti.
"Ah, si, certo. Prego" bofonchio' togliendo lo zaino dalla sedia del diner.
Dovette alzare lo sguardo di molto per riuscire a scorgerle la testa e quel cappello dai pon pon rossi. Aveva un sorriso grande ed occhi come un cielo prima della neve, i toni delle olive sulla pelle ed una punta di rosso sul naso a ricordarle che fuori faceva un freddo maiale. E aveva uno strano odore (un profumo, in realta', ma lui non era bravo con le parole) che sapeva di campo in fiore e acqua di mare shakerato bene e servito ghiacciato. Si mise comoda, gettando il suo zainetto tra le gambe del tavolo e quelle del tizio buffo seduto davanti a lei.
"Si, lo so, ci sono altri posti liberi" disse afferrando il menu "Pero' perche' andare in luoghi pieni di gente per non incontrare la gente?"
Il sorriso e lo sguardo dolcemente autistico della ragazza riempirono il quel poco piu' di mezzo metro di tavolo che li separava, ingombrante come una foca monaca nella gabbia di un canarino.
La guardo', inarco' il sopracciglio destro quasi fino a toccare l'attaccatura dei capelli e poi si stropiccio' le palpebre facendo faccette strane.
"Hellooo, c'e' nessuno? Hai gia' assaggiato il caffe'? Io di solito prendo il the, a meno che l'alternativa sia particolarmente buona, cosa che non accade mica sempre. Quando proprio sei fortunata, capiti in uno di quei diner in cui credono ancora che coccolare le anime in pena che entrano sia la missione della loro vita, ed allora ti abbracciano con il profumo di un bel caffe' fumante, magari accarezzandoti con una deliziosa fetta di torta di mele calda -yum- , ma e' davvero raro trovarne uno cosi'"
La fisso' ancora una volta, in silenzio. Corrugo' le labbra, arricciandole, mentre il sopracciglio sinistro dava il cambio a quello destro.
"Il caffe' e' decente, ma se ti aspetti quello cacato dal culo di un felino resterai delusa"
Le mani piombarono sul tavolo, facendo saltare la tazza insieme a schizzi in ordine sparso e producendo un sonoro sbam fin troppo esagerato per delle manine cosi' delicate. Gli occhi le si spalancarono come quelli di un bambino davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli mentre la bocca si apriva in una grossa o.
"Hai assagiato il kopi luwak? Fantastico vero? Ha un sapore cosi' unico, mi piace un sacco!" ci fu un istante di pausa, evidenziato da un tentativo mal riuscito di mordersi le labbra. "E comunque e' uno zibetto" sussurro' appena, trasformando gli occhioni da abbaglianti in luci di posizione.
Lui, dal canto suo, si trattenne dal mandarla al paese dello zibetto.
"No, mai. Mi fa un po' senso"
"Allora e' deciso: caffe e torta di mele calda" strillo' con lo stesso tono di una bambina pronta per Disneyland. La cameriera, una signora dalle labbra come un culo di gallina con le emorroidi (e vecchia non a sufficienza da esser sorda) si avvicino' alla ragazza, sorridendole sdentata mentre le versava del caffe' vulcanico in una tazza.
"Dammi qualche istante, tesoro, e ti porto la tua torta fumante"
Le sorrise compiaciuta, stringendo le spalle in un sospiro che sarebbe stato bene in una sitcom americana, poi prese la tazza con entrambe le mani e la portò alla bocca sorseggiando rumorosamente.
"Xander". Un filo di voce, poco più di un sussurro fermato da un colpo di tosse per del caffè andato di traverso.
Lei scoppiò a ridere aspirando dalla bocca, quasi a soffocare, emettendo uno stridio che sembrava provenire da una cavalla asmatica e zoppa appena inciampata: non una visione che ben si sposava con le linee delicate del suo volto.
"Grazie" disse asciugandosi la bocca ed il delirio di schizzi sul tavolo "molto gentile"
Lei portò una mano alla bocca, spalancando gli occhi, sforzando di non ridere.
"Sirah"
Non riuscì a finire di pronunciare il suo nome che dalla h muta uscì un altro raglio che sentirono fino per tutto il diner.
"Perdonami, ma sei veramente ridicolo!" e riprese a ridere come la cavalla zoppa di prima che, stavolta, rotolava rovinosamente da un dirupo.
"Non fai proprio venire voglia di parlare, sai? Anzi." tirò fuori dalla tasca delle banconote stropicciate e degli spiccioli rotolanti, lanciandoli sul tavolo "Arrivederci. Anche no".
Si alzò, intento a sollevare lo zaino. Una mano afferrò il suo polso, calda, morbida, delicata come un cuscino dopo una notte insonne. Fissò la ragazza, trovando un gatto dagli occhi grandi al posto del somaro ragliante. Stronza.
"Scusa, parlo a caso, ma non era per male: sei ridicolo in senso positivo!"
Un grosso punto interrogativo gli si dipinse sulla fronte.
"Ridicolo in senso positivo? Ma sei seria? Dai, che devo andare" disse ritraendo la mano. E pentendosene nello stesso istante.
"Aspetta, porco cane."
Nel diner scese il silenzio (ed anche un po' del gelo invernale si fece spazio tra i presenti, entrando direttamente dalla porta sul retro).
"Capiscimi! Intendo dire che sei stato divertente, buffo. Insomma, mi hai divertito, mica è una cosa brutta. Poi, io non sono brava con le parole."

(continua)