martedì 5 febbraio 2008

Il sole bussava prepotente alle finestre, ma lui non si decideva ad aprire.

Ed allora provò ad entrare sfondando con calci pesanti le persiane serrate, ma Lui non voleva saperne affatto di stare nel mondo degli svegli.

Rassegnato, l'Astro girò sui tacchi, deciso a vendicarsi su qualche altro sventurato che ancora si rigirava tra le lenzuola.

Gli occhi pesanti, la mancanza di sonno, la fatica della notte precedente rendevano quel divano stranamente comodo, un abbraccio talmente morbido da non poter esser rifiutato.

Il desiderio di trovarla ancora fece il resto.


Dormire su petali di papavero rosso non era poi così male, quella brezza calda, poi, rendeva il sonno ancora più piacevole.

Aprì gli occhi sotto il cielo stellato, illuminato da tre splendide lune troppo intente a volteggiare ed inseguirsi per accorgersi di quel buffo essere disteso su di un prato.

Stropicciò gli occhi, guardandosi intorno con aria insospettita, una sensazione umida e ruvida sulla guancia destra.

Scattò seduto, pulendo con un gesto della mano quella roba appicicaticcia che si trovava sul viso, cercando la fonte di tale schifo.

Un micio di pezza, malconcio ad esser sinceri, lo guardava agitando la coda.

Strizzava i due bottoncini viola e fucsia che gli facevan da occhi, mentre con un musetto di velluto logoro emetteva fusa che sapevano del fruscio della seta.

Lui saltò in piedi, senza parole, la bocca aperta, inebetito nel fissare tutte le cuciture dello strano micio.

Una ad una.

“E tu chi diavolo saresti?”

E subito si rese conto che, forse, non era la domanda più furba da fare.

Almeno non quando ti risvegli in un campo di papaveri, solo, con sopra la testa un terzetto di lune ubriache che giocano a rincorrersi.

Soprattutto fare domande ad un gatto, specialmente se di pezza, era la cosa più idiota che avesse mai combinato.

“Miao”gli fece in risposta, guardandolo coi suoi bottoncini.

Lui sospirò, grattandosi la testa.


Una leggera brezza cominciò a soffiare, appena percettibile, un sussurro.

Portava con sé uno strana fragranza, un'essenza nota, familiare.

Inarcò gli occhi, meditabondo, cercando di far lavorare le sinapsi ancora stordite...

"Hey, ma questo è il suo profumo!" urlò con l'aria di chi ha appena acceso una lampadina nella sua testa.

E cominciò a correre verso l'orizzonte...

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