giovedì 31 gennaio 2008

Brevi Storie Inesistenti – Capitolo I, parte IV

Versò lo zucchero nella tazzina, lo mescolò facendo attenzione a non provocare quel fastidioso suono proprio del metallo che collide con la porcellana.

Non che la cosa importasse particolarmente, lo faceva per pura e semplice ritualità.

Era legato i piccoli gesti, quei comportamenti quasi maniacali che gli permettevano di mantenere uno straccio di contatto con la realtà, quasi fosse l'unica ancora di normalità in una vita ai limiti della follia.

Gettò lo sguardo alla prima pagina, sorseggiando quel caffè fumante, appena troppo dolce per essere davvero gradevole.

La foto di via Garibaldi sventrata raccontava più di mille parole.

Aveva decisamente fatto un ottimo lavoro.

Abbozzò un sorriso ed accese una sigaretta, la Musa che l'avrebbe ispirato nella stesura del rapporto.

Digitò la password d'accesso battendo rumorosamente i caratteri sulla tastiera. Dopo qualche istante d'incertezza il browser l'accolse.

“LogIn avvenuto: operativo SIDDHARTA riconosciuto”

Cominciò a scrivere minuziosamente i dettagli, luoghi ed orari, modalità operative: una cronaca minuziosa registrata in un database sicuro, incastrato tra le sale del potere che muove il mondo. Lontano da occhi indiscreti. Inarrivabile.

Istantanee dell'operazione inondavano la sua mente, rievocando l'odore della carne bruciata e quelle grida che si ripetevano, missione dopo missione, sempre uguali.

Per una frazione di secondo si chiese se tutto questo non fosse sbagliato, ma lui non era stato addestrato per argomentare le implicazioni morali degli ordini: era un soldato, un mero esecutore. Nulla di più.

La porta della stanza risuonò di nocche decise, interrompendo lo scorrere delle dita sulla tastiera ed il flusso di pensieri nella sua mente.

Digitò invio e chiuse il browser prima di accordare l'ingresso al visitatore.

“Avanti” invitò con una cortesia dettata esclusivamente dalla formalità.

La portà si aprì con un cigolio stridulo seguito dal rumore di stivali sul pavimento.

L' uomo in divisa blu fece ingresso nella stanza storcendo il naso per la cappa persistente di fumo.

“Mi perdoni, Ispettore” si scusò l'Appuntato, trattenendo a stento il bisogno di tossire “Il questore chiede di lei”.


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