mercoledì 2 gennaio 2008

Quanto di quell'angelo resta

Avere il suo nome tra le labbra era già un'emozione in sè.

Ammirare il suo sorriso, poi, era come fissare il sole primaverile dopo il grigio dell’inverno.
L'ammirava distesa e nuda, addormentata, fasciata da un lenzuolo sottile che ne nascondeva a malapena le forme gracili immerse nella penombra di quella stanza.
Non poteva separar lo sguardo, e, sebbene infinite distanze lo separassero da lei, ne percepiva il respiro ed il profumo fresco della pelle.
Provava incanto e meraviglia come mai avrebbe creduto di poter avvertire un essere antico quanto il tempo, un'entità che aveva visto l'universo nascere, le stelle generarsi ed esplodere, l'uomo emettere i primi vagiti...
Si chiedeva come potesse una semplice figlia di Adamo costringerlo a distogliere lo sguardo dal suo mandato, come potesse lei ergersi al di sopra di ogni altra opera dell'Onnipotente al punto da fargli dimenticare di essere luce e spirito, essenza del tutto e del nulla, lontano dalla carne.
Un Serafino.
Se avesse avuto una testa l'avrebbe raccolta tra le mani, con un gesto così umano avrebbe aperto un cuore che non c'era al tormentato flusso d'emozioni che non poteva provare, ma che, dannatamente, sentiva scorrere violento lungo la sua essenza, scuotendolo e riempiendo il vuoto infinito del suo essere.
Quel labile confine, vietato e bramato, tra la carne e lo spirito, andava assottigliandosi come le ultime ombre della notte all'approssimarsi dell'alba. Come la tenebra cedeva il passo al giorno, quanto di Divino era in lui andava inesorabilmente mutando...
Non era più fiamma imperitura, la materia del suo corpo, né musica ciò che scorreva in vene, o pura idea la sua stessa essenza, non luce il suo respiro, non più mentre Cadeva dalle vette dell'Empireo. Era una cometa che attraversa il cielo, un astro tra gli astri, un esule tra gli altri Potentati, scacciato dal Cielo o forse attratto da un'altra orbita, un altro universo all'interno del quale gravitare.
Gli sembrò eterno l'istante dell'impatto, infinito il dolore di ossa, muscoli e pelle costrette al primo, duro tocco di una Terra che lui stesso aveva contribuito a creare. Inconsolabile la tristezza nell'ascoltare il pulsare imbizzarrito del suo nuovo cuore.
Sapeva che non vi sarebbe stata più eternità per lui, non gli spazi infiniti del Creato, non avrebbe più seduto accanto al Trono, nè atteso agli Alti compiti dei suoi fratelli.
Era un uomo, adesso. Null'altro. Fragile,finito.Ma non imperfetto. Aveva un amore, aveva lei.
Ed in un istante le fu accanto, sul letto, ad osservarne i capelli scompigliati sul cuscino sprimacciato, portando con se il profumo di stelle che non avrebbe più accarezzato.
Quanto l'aveva desiderata, quanto aveva bramato la sua esistenza prima ancora che lei vedesse la luce.Sapeva sarebbe arrivata, l'aveva inseguita attraverso il tempo, ed era per lei soltanto che, d'ora in poi, lui sarebbe esistito.
E lei, nel sonno, sorrise, consumando quanto di quell'angelo restava.
Lasciando soltanto un uomo.

2 commenti:

Unknown ha detto...

ale sono senza parole...come sempre quando leggo qualcosa che esce dalla tua penna ispirata...hai un dono amico mio e grazie per farmene regalo così inaspettatamente. Ti abbraccio forte, fede dall'India

un tocco di zenzero ha detto...

Voxdei...Ti chiami Ale...
Che coincidenza...