lunedì 20 novembre 2017

Solo una notte

Era fuori da solo più di una notte, eppure già le mancava.
La peggiore delle droghe, la più fottuta dipendenza.
Sedeva sul letto, le gambe incrociate nel tentativo di meditare, vano cemo non pensare a lei per un istante.
Poteva sentire il suo profumo strofinare le lenzuola ed incollarglisi addosso, il suo respiro farsi spazio nella stanza come la brezza di una notte estiva, la sua pelle brillare nella penombra ed i suoi occhi, ancora svegli, fissarlo dal confine tra dolcezza e desiderio.
Era la sua alterazione genetica.
Le mancava. Si, cazzo se le mancava.
Eppure, eppure.
Ci fu un tempo in cui aveva vissuto senza lei. E non poteva dire male. Neppure bene.
"Cazzate, era oblio"
Sorrise nell'ascoltare il suono della propria voce riportarlo alla realtà con un ceffone.
Già, era stato non vivere: la negazione del tutto, la solitudine più nera.
Chi l'avrebbe detto mai? Incontrarla a quel diner... o, forse, incontrarla di nuovo. E rimescolare tutto una volta ancora.
Lei era sempre esistita, come un'anima ancestrale, come la predestinazione, la sua storia ricursiva, il finale ideale, l'inizio più desiderato.
Non poteva farne a meno, per questo l'aveva cercata in ogni volto, percorrendo scalzo infiniti spazi, facendosi a pezzi, svendendo frammenti di sè pur di trovare, anche solo per un istante, quello che sapeva mancargli.
Sbagliando ogni volta.
Un trillo, una vibrazione, un display che si illumina di un nome: Sirah.
Il cuore salta un battito, la mano cerca il telefono, la pressione di un tasto, l'amore in un respiro che sembra fermare il tempo.
Ci furono esplosioni dentro di lui, interi universi in collisione nel percorso tra sinapsi e cuore, facendo il giro lungo per lo stomaco.
Saltò un altro battito o due, sentì il cuore accelerare ed un formicolio agli arti, il tutto condito da un'attacco di rincoglionimento acuto che a momenti gli impediva di parlare.


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